Omicidio Vannini, condanne confermate per i Ciontoli. I genitori di Marco: fatta giustizia

Il ventenne morto il 18 maggio 2015 a Ladispoli. La sentenza: 14 anni ad Antonio Ciontoli, 9 anni e 4 mesi per la moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico

I genitori di Marco Vannini

I genitori di Marco Vannini

Roma - Sono definitive le condanne a 14 anni per Antonio Ciontoli e a 9 anni e 4 mesi per la moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico, per l'omicidio di Marco Vannini, morto nella loro casa di Ladispoli nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015. La quinta sezione penale della Cassazione ha confermato la sentenza d'Appello bis, del 30 settembre scorso, che aveva condannato Ciontoli per omicidio con dolo eventuale e il resto della famiglia per concorso anomalo. Accolta quindi la richiesta del procuratore generale della Cassazione, Olga Mignolo. Il rappresentante dell'accusa ha sollecitato la inammissibilità del ricorso dei difensori di Antonio Ciontoli e il rigetto di quello dei familiari. Nei confronti di questi ultimi, il magistrato aveva comunque prospettato un ridimensionamento della pena perché agirono secondo le indicazioni del capofamiglia.

Le reazioni

Applausi e grida di gioia tra familiari e amici di Vannini alla lettura della sentenza. "Sono contento che finalmente è stata fatta giustizia per Marco. Gli avevamo promesso un mazzo di fiori se fosse stata fatta giustizia e domani è la prima cosa che farò", il commento del papà di Marco Vannini, Valerio, dopo la conferma delle condanne dei Ciontoli in Cassazione. "Ci siamo battuti per 6 anni, la paura c'è sempre ma ci abbiamo creduto fino alla fine. Ora giustizia è fatta", le parole della mamma Marina, visibilmente commossa. "Sono attonito, non riesco a comprendere come sia possibile che sia stata confermata una sentenza così errata, in particolare per i familiari di Antonio Ciontoli", dice invece Gian Domenico Caizza, legale dei Ciontoli. Che aggiunge: "Stasera la famiglia Ciontoli si costituirà in carcere".

Nuova sentenza

La Suprema corte sul caso aveva già deciso una volta, rimandando il processo in Appello e chiarendo che non poteva esser contestato il reato di omicidio colposo, che aveva permesso un clamoroso sconto di pena. La scorsa settimana la trasmissione Quarto Grado ha reso nota una lettera aperta di Antonio Ciontoli pubblicata su Facebook. "Sono Antonio Ciontoli e, mio malgrado, il noto Antonio Ciontoli che tutti descrivono il 'mostro'. Scrivo dalla solitudine in cui sono stato relegato ma della quale, a poco a poco, ho accettato di esserne prigioniero, dove ogni parola assume una consistenza incancellabile che mi fa paura, costretto a confrontarmi con il rimorso per il tremendo errore di quella maledettissima notte del 17 maggio del 2015, con chi sono e chi sono stato e che oggi odio, mentre cerco di capire cosa possa ancora rimanere di me, fino a quando riuscirò ad aprire gli occhi e con difficoltà continuare a respirare, nell'attesa, spero prossima, di abbandonare per sempre questa terrestre sofferenza". 

Battaglia legale

Due i ricorsi, per un totale di circa 80 pagine, sul tavolo dei giudici. In entrambi è stato chiesto di verificare la questione di legittimità costituzionale dei reati contestati. Quale vantaggio avrebbero mai potuto avere Ciontoli e i suoi familiari dalla morte di Marco - la domanda dei legali - considerando che se fosse sopravvissuto si sarebbe parlato di lesioni e non di omicidio? In generale gli avvocati hanno contestato l'attribuzione del "dolo eventuale" piuttosto che la "colpa cosciente", ma anche la descrizione di una "condotta omissiva successiva all'esplosione del proiettile". La famiglia Ciontoli non si sarebbe resa conto della gravità della situazione e perciò non ci sarebbe stata "adesione all'evento morte", una circostanza che si può dedurre dalle "cure improprie e confuse" prestate a Marco quella sera. Per quanto riguarda la moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina, i difensori sollecitano la derubricazione in "favoreggiamento personale", che per la familiarità con l'imputato principale diventerebbe reato non punibile.

La tragedia del 17 maggio 2015

La ricostruzione di quel tragico 17 maggio 2015.  Marco Vannini non era la prima volta che passava la serata dai Ciontoli. In base a quanto ricostruito, a un certo punto, anche se aveva fatto una doccia a casa sua, Marco decide di fare un bagno nella vasca. Sono da poco passate le 23. Nella stanza entra Antonio per prendere da una scarpiera due pistole. D'improvviso parte un colpo. Poco prima di mezzanotte c'è la prima chiamata al 118. Il figlio di Ciontoli, Federico, dice all'operatore che un ragazzo ha avuto un mancamento per uno scherzo. Poco dopo la mezzanotte Antonio Ciontoli riferisce che il giovane si è infortunato nella vasca da bagno con la punta di un pettine. Nella registrazione si sentono in sottofondo lamenti e urla. E' Marco. L'ambulanza arriva a mezzanotte e 23 minuti. Non è finita. Poco prima dell'una di notte Ciontoli parla di un colpo d'arma da fuoco esploso in modo accidentale. Viene chiamato l'elisoccorso per portare Marco a Roma, al Policlinico Gemelli. Poco dopo le 3 del 18 maggio, Marco muore. Secondo diversi medici legali, se fosse stato detto sin dall'inizio cosa era successo il ragazzo si poteva salvare. La questione è tutta qui. La Cassazione, oggi, stabilirà la verità.

"Confermare le condanne"

"In questa vicenda tutti gli imputati hanno mentito. L'unico, a parte la famiglia Ciontoli, che poteva riferire come erano andati i fatti era Marco Vannini. Ecco perché la sua morte era preferibile per Antonio Ciontoli, allo scopo di evitare conseguenze negative per lui e la sua famiglia - le parole del sostituto procuratore generale della Cassazione, Olga Mignolo -. E' incontestabile l'accettazione da parte di tutti gli imputati della condotta del capofamiglia. Vannini, ferito, restò affidato alle cure dei Ciontoli, che avevano un obbligo di protezione verso di lui. Gli imputati erano gli unici che avrebbero potuto impedirne la morte".

I genitori di Marco

L'udienza si tiene nell'Aula Giallombardo per consentire un maggiore distanziamento, ma l'accesso è stato comunque consentito dal collegio alle sole parti e ai familiari. Sono presenti in aula anche Federico e Martina Ciontoli. In concomitanza con l'udienza un piccolo gruppo di manifestanti, davanti al Palazzaccio, chiede "verità e giustizia. Abbiamo sostenuto la famiglia nella lotta per far sentire la voce di Marco". "I Ciontoli hanno sempre mentito, continuano a mentire e non si vogliono prendere le loro responsabilità". Lo affermano Marina Conte e Valerio Vannini, i genitori di Marco, parlando fuori dalla Cassazione. "Sono stati in silenzio sei anni e a ridosso della Cassazione si mettono a parlare sui social - aggiungono -. Forse sperano di incidere sulla decisione ma crediamo che i giudici ormai abbiano ben chiaro tutto quello che è successo, anche perché parlano le carte.  Marco - dice la mamma - mi ha detto di stare tranquilla e che andrà tutto bene".

La difesa della famiglia Ciontoli

"Non si può rendere definitiva una sentenza illogica e disseminata di insensatezze argomentative". Così l'avvocato Gian Domenico Caiazza, del collegio difensivo dei Ciontoli, ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza sulla morte di Marco  Vannini. "Se c'è una condanna per omicidio volontario c'è l'adesione alla possibilità dell'evento morte. E questo atteggiamento psicologico com'è compatibile con il fatto che avessero chiamato i soccorsi?", dice Caiazza, che fa riferimento alle "anomalie delle ferite" sul corpo di Marco: a suo avviso i Ciontoli non potevano immaginare che il ragazzo morisse. Quanto ai due ragazzi, Martina e Federico, "concorrerebbero anche se la sentenza ha riconosciuto che non si sono raffigurati all'evento morte". Per questo a suo avviso la sentenza d'appello bis, del 30 settembre del 2020, sarebbe "disseminata di insensatezze argomentative".