Omicidio Temù: Laura Ziliani drogata e soffocata dal trio diabolico

Chiusa l’inchiesta sul delitto dell'ex vigilessa, per il pm ad agire in sincronia le due figlie Silvia, Paola e il fidanzato Mirto Milani

Un’immagine sorridente di Laura Ziliani

Un’immagine sorridente di Laura Ziliani

Temù (Brescia), 7 maggio 2022 - Insieme tutti e tre, in parallelo, quasi in sincrono, nelle fasi dell’omicidio e della sparizione del cadavere. È quello che si evince dalle quattro pagine dell’avviso di conclusione indagini per la morte di Laura Ziliani. Primo punto fermo a un anno dall’inizio del giallo della Vallecamonica. Nell’avviso di conclusione delle indagini il sostituto procuratore di Brescia, Caty Bressanelli, contesta in concorso i reati di omicidio volontario aggravato e di occultamento di cadavere a Silvia Zani, la maggiore delle tre figlie dell’ex vigilessa di Temù, alla sorella minore Paola, a Mirto Milani, fidanzato di Silvia e amante di entrambe. Secondo gli esami tossicologici la Ziliani, una donna di 54 anni, in buona salute, amante della vita all’aria aperta e delle escursioni in montagna, venne stordita, narcotizzata con bromazepam e delorazepam, composti di benzodiazepine che, ha scritto il professor Andrea Verzeletti nella relazione medico legale, avrebbero prodotto "sonnolenza, torpore, ridotta capacità di movimento e in generale di reagire a insulti lesivi esterni". Farmaci "‘sicuri’, cioè assai difficilmente in grado da per sé soli di portare alla morte un soggetto". Nessuna ferita, nessuna frattura, nessuna lesione o contusione importante rilevata dall’autopsia. Nessun riscontro di una sofferenza fisica.

Quella del soffocamento è allora l’ipotesi più plausibile. Laura Ziliani sarebbe quindi morta per "asfissia meccanica" provocata con qualcosa di soffice, secondo il pm bresciano un cuscino o un sacchetto di plastica. Era la notte fra il 7 e l’8 maggio di un anno fa, nell’abitazione di via Ballardini, a Temù. Il corpo, vestito con una canotta e un slip, venne quindi trasferito e sotterrato in riva all’Oglio. Sarebbe stata l’onda di piena del fiume, gonfiato dalle piogge, a disseppellirlo, secondo gli accertamenti medico legali, trasportandolo solo per pochi metri e lasciandolo coperto da un leggero velo di sabbia mista a terriccio. Accadeva nel pomeriggio del 5 agosto, tre giorni prima del casuale ritrovamento. Nessun mistero nel mistero. Non ci sarebbero state due sepolture. Il cadavere di Laura Ziliani è sempre rimasto dove è stato ritrovato. Le sorelle Zani e Mirto Milani sono detenuti dallo scorso 24 settembre, le prime nel carcere di Verziano, Milani in quello di Canton Mombello, a Brescia. Dal primo giorno si sono chiusi nel silenzio. Secondo il quadro accusatorio il loro intento era quello di sostituirsi a Laura Ziliani nell’amministrazione di un cospicuo patrimonio immobiliare di fabbricati e terreni di cui la donna era comproprietaria insieme con le due figlie.

La locazione garantiva un reddito sicuro quanto importante. I difensori hanno ora venti giorni di tempo per una eventuale opposizione e depositare memorie. Il passo successivo sarà l’udienza preliminare davanti al gup. Gli esperti del Ris di Parma sono ancora impegnati nell’esame di un capello rinvenuto in una delle scarpe della vittima. L’attribuzione del reperto a Laura Ziliani non è stata al momento accertata, ma neppure sono emersi elementi che possano far pensare a soggetti estranei. Invece appartengono sicuramente all’ex vigilessa le due calzature marca Salomon recuperate, con modalità e in tempi diversi nella zona di Temù, e i jeans trovati nel torrente Fiumeclo. Una delle scarpe era stata anzi riconosciuta da Silvia Zani e il particolare era stato confermato dalle indagini dei carabinieri di Breno.