Consumo di suolo, quasi mille ettari sotto il cemento. Un altro anno nero per la Lombardia

Primi in Italia nella classifica dell’Ispra. Si pagano grandi opere e logistica. Il peso dei decenni sulla Brianza. I territori critici: Bergamo e Brescia

Milano - Lombardia prima in classifica. Ma questa volta non è né per numero di imprese, né per livelli di reddito, ma per uno degli effetti peggiori dello sviluppo economico: il consumo di suolo, letto dall’annuale rapporto dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. La regione si piazza ben al di sopra della media nazionale, davanti al Veneto e alla Campania, tradizionalmente considerato territorio più esposto al fenomeno. In sintesi, nell’arco del 2021 alti 883 ettari di verde mai edificato sono stati inghiottiti da asfalto e calcestruzzo.

Sono lo 0,31% dell’intera superficie regionale, compresi laghi e vette alpine. Nell’arco del periodo fra il 2006 e il 2021, con in mezzo la grande crisi del 2008, una lenta ripresa e poi la mazzata della pandemia, ci siamo giocati in tutto il 3,7% del territorio pari a 13.858 ettari, una volta e mezza l’intera superficie di Brescia. O, se si preferisce, i due terzi dei 18mila ettari coperti dal Comune di Milano. Con buona pace di promesse di ecologia e recupero delle aree dismesse.

Ci sono territori dove l’eredità del passato è difficile da recuperare. Lissone con il suo 71,3% di superficie edificata è vittima dello sviluppo smodato dell’edilizia negli anni Sessanta e Settanta. Fabbriche, condomini, svincoli e tangenziali, villette a schiera e capannoni, hanno costruito una conurbazione che rende di fatto impercettibili i confini fra Milano, Sesto San Giovanni (seconda in classifica con il 68% del suolo edificato), Monza e la stessa Lissone. Terza piazza per Lallio, nella Bergamasca, alle porte del capoluogo, schiacciata fra svincoli e grandi insediamenti industriali e commerciali, con oltre il 60% di territorio cementificato.

Per queste aree poco si può fare. Peggio va invece a quei Comuni che si segnalano nel rapporto come i primi per il numero di ettari sacrificati alle betoniere nel corso del 2021. Qui lo scempio, forse, si sarebbe potuto evitare. Desenzano del Garda, nel Bresciano, già baciata dallo sviluppo turistico internazionale, si è mangiata 33 ettari nell’arco di 12 mesi. Merito dei cantieri per l’alta velocità nelle adiacenze dell’autostrada oltre a interventi sul tessuto cittadino, che ha perso ritagli di verde fin qui risparmiati.

Uno di 10mila metri a due passi dalla ferrovia. Trentuno gli ettari divorati dal cemento a Ghedi, sempre nel Bresciano. Terza Cividate al Piano, dove sono spariti venti ettari. Fra i motivi principali, l’arrivo del grande polo di Amazon, che ha occupato campi fino a poco fa liberi da infrastrutture. Fra i territori più parsimoniosi nell’ultimo anno c’è invece il Comasco. Anche Milano, nella speciale classifica dei grandi centri sopra i 100mila abitanti, non sfigura. È decima, con 18,6 ettari consumati (meno di Cividate) dopo Roma, Ravenna, Vicenza, Reggio Emilia, Catania, Novamra, Modena, Forlì e Venezia.