Luisito Suarez è morto, addio al numero 10 della Grande Inter. Club in lutto: “Era il giocatore perfetto”

Luis Suarez Miramontes se n’è andato a 88 anni dopo una breve malattia. E’ stato il primo e unico spagnolo ad aggiudicarsi il Pallone d’oro 1960. La carriera e i riconoscimenti

Luis Suarez ai tempi della Grande Inter e con Moratti

Luis Suarez ai tempi della Grande Inter e con Moratti

Lutto nel mondo del calcio e in particolare tra i nerazzurri.  E' morto dopo una breve malattia, all'età di 88 anni, Luis Suarez Miramontes, detto Luisito, fuoriclasse in campo, poi allenatore e opinionista sportivo in tv. Leggendario centrocampista spagnolo all'Inter dal 1961 al 1970, contribuì a rendere "Grande" l'Inter di Herrera, con cui vinse due Coppe dei Campioni e due Intercontinentali. Nel 1960 fu premiato con il Pallone d'Oro. Di quella squadra era il cervello e il regista, in grado di lanciare in porta gli attaccanti da Mazzola a Jair a Peirò grazie ai suoi lunghi lanci millimetrici, soprannominato “l'architetto” per queste sue doti balistiche. Con l’Inter di Herrera è diventato uno dei migliori registi del panorama internazionale, annoverato ancor oggi tra i massimi interpreti del ruolo nella storia del calcio. Vincitore in nerazzurro di tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Ha concluso la sua carriera nel 1973, vestendo la maglia della Sampdoria. “Il giocatore perfetto che, attraverso il suo talento, ha ispirato generazioni. Ciao Luis”. Così lo ricorda il club nerazzurro in un post su Instagram.

Chi era

Nato a La Coruna il 2 maggio 1935, era considerato uno dei migliori giocatori della sua generazione. Ha iniziato la carriera con il Deportivo. Luisito ha esordito tra i professionisti nel 1953 tra le fila del Deportivo La Coruna per poi trasferirsi al Barcellona, dove ha vinto due edizioni del campionato spagnolo, della  Coppa nazionale e della Coppa delle Fiere. Nel 1961 è approdato all'Inter, squadra con la quale ha conquistato tre campionati italiani (1962-1963, 1964-1965 e 1965-1966) nonché due Coppe dei Campioni (1963-1964 e 1964-1965) e altrettante Coppe Intercontinentali. Con la maglia della nazionale spagnola ha collezionato 32 presenze e segnato 14 reti partecipando alla vittoriosa edizione casalinga del campionato d'Europa 1964 e a due Mondiali, nel 1962 e 1966. A livello individuale ha messo in bacheca il Pallone d'oro 1960, divenendo il primo e unico spagnolo ad aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento messo in palio da France Football (fatta eccezione per l'oriundo Alfredo Di Stefano).

Gli anni d’oro con la Grande Inter

Luisito è stato uno dei primi registi moderni a centrocampo, nonché uno dei più grandi di sempre nel ruolo che poi è stato di big come Pirlo e Xavi. In blaugrana Luisito è stato allenato per due stagioni proprio da Helenio Herrera, che lo pretenderà poi all’Inter, nel 1961. In nerazzurro resta per 9 stagioni, segnando 55 gol e vincendo tre scudetti, ma soprattutto le due Coppe dei Campioni consecutive (1964-1965), abbinate a due Coppe Intercontinentali, nel periodo in cui l’Inter domina nel mondo. Momento magico anche a livello personale, per Suarez, che nel 1964 trionfa anche con la nazionale spagnola, vincendo l’Europeo.

Herrera: “Se non sapere cosa fare date palla a Suarez”

Divenne anche uno dei primi grandi colpi di calciomercato, nel 1961 Angelo Moratti accontenta  Herrera che lo vuole in nerazzurro e sborsa per Luisito la cifra record di 300 milioni di lire, con cui il Barcellona rinnovò il Camp Nou, costruendo un nuovo anello dello stadio. Suarez era molto di più di un numero 10, come spiegò lo stesso Herrera il giorno della presentazione: “Ha la velocità di Bicicli, il palleggio di Corso, la forza di Lindskog, il dribbling di Sivori, il tiro di Altafini”. Insomma, un giocatore completo. Memorabile l’indicazione di Helenio Herrera ai giocatori dell'Inter: “Se non sapete cosa fare, date palla a Suarez”. In altre parole quando la palla scottava, doveva passare dai piedi di Luisito.

Cordoglio sui social: “Era il giocatore perfetto”

Su Instagram il cordoglio del club nerazzurro: "Il giocatore perfetto che con il suo talento ha ispirato generazioni. Un talento unico e un grandissimo interista. Il numero 10 della Grande Inter che portò i nostri colori sul tetto d'Italia, d'Europa, del Mondo. Ciao Luisito". In un lungo omaggio sul suo sito ufficiale, il club nerazzurro scrive: “Salutare Luisito ci lascia una malinconia profonda: la nostalgia del suo calcio perfetto e  inimitabile, che di fatto ha ispirato generazioni, si unisce al ricordo di un calciatore unico e di un grande, grandissimo interista”. Cordoglio anche da società, tra cui la Sampdoria. 

Dal campo alla panchina

Appese le scarpette al chiodo, provò a trasmettere la sua idea  di calcio anche da allenatore, guidando dalla panchina tra le altre Cagliari, Spal, Como e la nazionale spagnola, oltre all'Inter in tre diversi periodi: prima nel 1974/75 poi nel 1992 e infine per alcuni mesi nel 1995. Entrando, poi, anche nella dirigenza nerazzurra con l'arrivo di Massimo Moratti alla guida del club, in una ideale continuità con il padre Angelo, con ruoli da osservatore e dirigente: tra gli altri, firmò anche il colpo Ronaldo.

Al timone dell'Under 21 iberica conseguì il miglior risultato in qualità di tecnico, aggiudicandosi il campionato europeo di categoria nel 1986 ai rigori contro i pari età italiani. Da selezionatore della rappresentativa maggiore guidò invece le Furie Rosse ai Mondiali 1990, terminati con l'eliminazione contro la Jugoslavia negli ottavi di finale. Dal gennaio al maggio 1992 assunse nuovamente la conduzione dell'Inter, rilevando il dimissionario Orrico: alla seconda parentesi da allenatore dei meneghini è legata la vicenda di Desideri, posto fuori rosa per aver insultato l'iberico dopo un gol segnato al Napoli. Sul piano agonistico la stagione culminò nell'ottavo posto, con conseguente esclusione dalle coppe continentali.

Fontana: "Classe e cervello a servizio del gol”

"Un artista del calcio. Classe e cervello per giocate che diventano gol". Lo scrive sui suoi profili social il governatore Attilio Fontana, ricordando Luis Suarez. Il presidente della regione non dimentica poi il lato umano di Luisito “la grandissima simpatia dell'uomo. Sempre schietto e sorridente. Con la consapevolezza che, alla fine, il calcio è soprattutto gioco e spettacolo".