Omicidio Lidia Macchi, la madre di Binda: non può essere lui il mostro

Dagli atti emerge che l'amico del cuore abbia cercato di 'tutelare' il presunto assassino non soltanto ritrattando all'epoca alcune dichiarazioni che aveva reso, ma anche non nominando mai l'amico in un verbale recente

Lidia Macchi aveva 21 anni quando fu uccisa

Lidia Macchi aveva 21 anni quando fu uccisa

Varese, 19 gennaio 2016 - "Questo è un incubo, il mondo ci è crollato addosso, mio figlio non può essere quel mostro". La madre di Stefano Binda, il 48enne in carcere da venerdì con l'accusa di essere l'assassino di Lidia Macchi (la studentessa trovata morta nel gennaio 1987 in un bosco di Cittiglio) dal momento dell'arresto non ha più voluto vedere nessuno e si è sfogata solo con i parenti più stretti. Anche la sorella di Stefano, 50 anni, ha scambiato solo qualche sms con le amiche più care. "È una tegola che ci ha colpito in pieno...", ha scritto ad una conoscente.

Nel frattempo, stando agli atti, sembra che Giuseppe Sotgiu, l'amico 'del cuore' di Stefano Binda, abbia cercato di 'tutelare' il presunto assassino non soltanto ritrattando all'epoca alcune dichiarazioni che aveva reso, ma anche non nominando mai l'amico in un verbale recente, quando venne ascoltato come persona informata sui fatti il 20 gennaio del 2014, dopo che le indagini erano state avocate e riaperte dalla Procura Generale di Milano. In particolare, come emerge dall'ordinanza di custodia cautelare, Sotgiu, che a fine anni '80 si è "consacrato alla vita sacerdotale", chiamato a parlare "dell'ambiente di amicizie frequentato all'epoca dei fatti da Lidia Macchi e da lui stesso", fece i nomi, come sintetizza il gip Anna Giorgetti, di "numerosi soggetti ma non indica Stefano Binda al quale era legato da lunghissima e stretta amicizia".

I due, infatti, si legge ancora negli atti, "si conoscono sin da bambini quando insieme, da chierichetti, servivano alla Messa e sono cresciuti senza perdersi di vista sino, almeno, all'ordinazione sacerdotale del Sotgiu". Su Sotgiu, tra l'altro, come su altre persone, le cui posizioni poi furono archiviate, si erano concentrate le prime indagini dell'epoca sull'omicidio anche con l'analisi del Dna. Tra le numerose testimonianze raccolte negli ultimi mesi, dopo la riapertura dell'inchiesta coordinata dal sostituto pg di Milano Carmen Manfredda, c'è anche quella di una persona che nega con decisione che Binda potesse essere in gita in montagna a Pragelato, come da lui invece sostenuto, il giorno dell'uccisione della studentessa. Per il teste, sentito lo scorso ottobre, è "impossibile che Stefano Binda sia stato a Pragelato nel 1987 (...) io non mi ricordo la sua presenza in quella vacanza". 

Stando agli atti dell'inchiesta, in sostanza, Sotgiu non solo avrebbe 'coperto' Binda quando ritrattò le sue prime dichiarazioni subito dopo l'omicidio negando di averlo visto a Cittiglio ) quella sera, ma "inspiegabilmente" avrebbe cercato di tutelarlo anche nel più recente verbale, "molti anni dopo". Tra le testimonianze più recenti, però, ci sono anche quelle di alcuni testi che dichiarano che Binda e Sotgiu "erano sempre insieme" in quegli anni. E in un verbale dello scorso settembre, poi, Patrizia Bianchi, l'ex amica di Binda che con le sue dichiarazioni ha dato nuovo impulso alle indagini, ha raccontato che "Lidia e Stefano si conoscevano benissimo ed erano amici". E un'altra testimone, Paola Bonari, ha messo a verbale, come ricostruisce il gip, che "nel periodo immediatamente successivo alla morte di Lidia, Stefania Macchi, la sorella della vittima, le aveva confidato che Lidia, nell'ultimo periodo antecedente al suo assassinio, e Stefano Binda erano diventati molto amici»" La stessa Stefania Macchi, deponendo il 19 novembre scorso, ha detto: "Sia io che Lidia conoscevamo bene Stefano Binda e gli eravamo affezionate". 

Un amico di Lidia, inoltre, sentito il 17 novembre scorso dagli inquirenti, ha ricordato una serata trascorsa a casa della ragazza, alla presenza anche del padre Giorgio Macchi, a giocare agli "indovinelli" con "Stefano Binda che ne aveva proposto uno che nessuno riusciva a risolvere". E un ex fidanzato di Patrizia Bianchi, ascoltato a verbale lo scorso 26 ottobre, ha raccontato che già all'epoca la donna gli aveva lasciato "intendere, pur senza riferire circostanze precise, che Stefano potesse essere in qualche modo coinvolto" nel delitto. Binda, invece, subito dopo l'omicidio, oltre a 'fabbricare', secondo l'accusa, "l'alibi" della gita in montagna, "si premura di dire" di non aver mai telefonato a Lidia Macchi, "nonostante in agenda avesse annotato il suo numero", e di "averla vista solo tre anni prima".

Domani intanto nel carcere Miogni di Varese l'uomo sarà interrogato dal Gip. Binda è stato prelevato venerdì mattina dalla vecchia villa di famiglia, dove vive con la madre al primo piano. Attorno ci sono molte altre cascine ristrutturate dove abitano parenti e amici che si sono stretti attorno ai Binda e continuano a ripetere che Stefano non può aver fatto nulla.