
La schiscetta al lavoro
Milano, 3 dicembre 2022 - Tanti auguri schiscetta: il contenitore metallico per cibo, con chiusura ermetica, divenuto uno dei simboli iconici dell'Italia del boom economico, della fabbrica e del lavoro operaio, compie 70 anni. La storia di questo contenitore, che ha avuto anche l'onore di varcare la soglia del Quirinale in dono al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, inizia, come per molte altre "invenzioni", quasi per caso. Quando, in un piovoso autunno del 1949, in piena ricostruzione da piano Marshall, Renato Caimi, piccolo imprenditore brianzolo, nota, sul tram che da Nova Milanese lo porta a Milano, un operaio perdere l'equilibrio e rovesciare un pentolino con la minestra su un altro passeggero. E ha una intuizione folgorante: tre anni dopo, nel 1952, brevetta infatti un contenitore in alluminio che protegge il contenuto.
La schiscetta Caimi

In dialetto milanese
Viene subito ribattezzato schiscetta da schiscià, ''schiacciare'' in milanese, ad indicare il cibo pressato per consentirgli di entrare in uno spazio ristretto. Ed è subito boom. Declinato in brevissimo tempo in tutti i dialetti diventa presto il simbolo del miracolo economico: dagli anni 60 si trasformerà in un oggetto di largo consumo, indispensabile nelle fabbriche per la pausa pranzo degli operai. Sarà il "barachin" a Torino; ''lavora da barachin'', ''è un barachin di Agnelli'', sono le espressioni in uso negli anni ruggenti dell'industria piemontese dell'auto. E diventa gamella in Liguria, su gaungiu in Sardegna, scutedd in Puglia, companaggio in Sicilia.
In val Trompia
''A quei tempi la pausa pranzo durava 15 minuti e non era retribuita, si mangiava accanto ai macchinari ma poi bisognava anche recuperare il lavoro perso' a mangiare'', ricorda Ivan Pedretti attuale segretario generale dei pensionati Cgil che a 15 anni entra in una piccola fabbrica specializzata a Gardone Val Trompia nella produzione di Colt e Winchester per i film western. Era il 1969 e la schiscetta, ''noi la chiamavamo ''gavetta'', ricostruisce minuziosamente Pedretti, ospitava "la minestra o comunque qualcosa di brodoso e caldo, con l'unica funzione, oltre che di riempire lo stomaco, soprattutto di tenere calda la carne e il pane''.
Il diritto alla mensa
Ma la storia va avanti e nel 1973 gli operai e i sindacati cominciano a rivendicare il diritto alla mensa, un diritto che deve essere retribuito e della durata di almeno 30 minuti. Ed è proprio questo che quando Pedretti viene assunto alla Mivla-Beretta e diventa delegato della Fiom i lavoratori riescono a strappare all'azienda. ''Fu una grande conquista: per la prima volta si poteva mangiare in un luogo chiuso, pagati, seduti a far quattro chiacchiere con i compagni'', racconta ancora. Ma la schiscetta, nella storia avrà anche un inaspettato ruolo sociale: servirà ad avvicinare Nord e Sud, se non altro sotto il profilo alimentare. In fabbrica la differenza dei menù si trasforma in una commistione di sapori e tradizioni alimentari: i "polentoni" si mischieranno con i "mangia maccheroni", per usare espressioni dell'epoca. ''Per la verità da noi a Termini Imerese, al Pastificio Russo, lo chiamavamo "Camillino" '' racconta Carmelo Barbagallo, siciliano doc, ex leader Uil e ora al vertice del sindacato delle "pantere grigie" della confederazione di via Lucullo, che proprio alla schiscetta deve la scoperta della sua "anima" da sindacalista.
Il "camillino"
''Un giorno, avevo 13 anni, il datore di lavoro mi sposta dall'impacchettamento della pasta alla sua distribuzione...In giro a bordo di un camioncino sul territorio e siccome era mio fratello a portarmi il camillino ogni giorno alle 12.55 quel giorno resto a digiuno. Comprai un panino a mie spese, sai che affare?''. La contestazione arriverà poi fino al datore di lavoro che si stupirà di come un ragazzino potesse tenergli testa. Il Camillino si trasformerà in una vera schiscetta, con il nome rigorosamente attaccato con lo scotch per evitare uno scambio di gavette, invece,Barbagallo si trasferirà nel 1962 all'ex sito Fiat di Termini Imerese anche se migliorerà il contesto: nelle fabbriche, infatti, cominciavano ad arrivare i cosiddetti "refettori", luoghi dove si poteva disporre di vasche di acqua calda dove poggiare la gavetta per non farla raffreddare.
Senza tempo
"Dentro solitamente c'era pasta o riso con fagioli e o lenticchie. Carne solo ogni tanto e la famosa ricetta segreta di mia madre: frittata di patate senza uova", o le mitiche "coscette di pollo", ricorda ancora, che altro non erano che cipolle o scalogni al forno dalla forma affusolata che ricordavano "da lontano ma molto da lontano", la carne bianca. Con la conquista del diritto alla mensa, dagli anni 70 in poi, la schiscetta sembra imboccare il viale del tramonto, ma è solo un arrivederci: risorge negli anni 90 con le prime versioni in neoprene ma è dagli anni Duemila che torna in auge in versioni sempre più sofisticate, colorate e decisamente più cool. Siamo ormai nell'era del lunchbox. Tanto che Nomisma gli dedica una ricerca ad hoc: 7 italiani su 10, dall'operaio all'imprenditore, dallo studente al manager, la preferiscono a panini, tramezzini e pizzette.