Inchiesta Covid, lo sfogo di Sileri: "Mi tenevano all’oscuro, protezioni in ritardo"

L’ex viceministro della Salute afferma che di ritorno da Wuhan il 3 febbraio 2020 avvisò “del pericolo incombente"

Pierpaolo Sileri, sottosegretario al Ministero della Salute nel 2021

Pierpaolo Sileri, sottosegretario al Ministero della Salute nel 2021

Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute (in quota Movimento 5 stelle) in piena emergenza Covid, ora è tornato a fare il medico. Del resto lo aveva sempre detto, una promessa che ha mantenuto. Oggi si occupa di interventi oncologici al San Raffaele di Milano. Ma l’11 febbraio 2020, una decina di giorni prima dei primi casi Covid accertati a Codogno e Alzano Lombardo, l’allora viceministro a chiese di "effettuare una ricognizione sui reparti di malattie infettive esistenti, sul numero dei posti letto dedicati 24 ore su 24, sul numero dei respiratori e di personale disponibile", stando a quanto contenuto nel “resoconto” della “task force” del Ministero, agli atti dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della pandemia. Come riportato nelle carte, la risposta che avrebbe ottenuto è che era "sufficiente" una "mappatura rispetto ad uno scenario di bassa gravità".

Sileri si presenta ai magistrati come persona informata sui fatti l’8 febbraio del 2021. E racconta. Tira in ballo l’allora capo di gabinetto Goffredo Zaccardi, persona di fiducia del ministro Speranza, e poi "alcuni direttori generali e vice capi di gabinetto. Diversi di costoro hanno palesemente sostenuto che non erano autorizzati a condividere informazioni con me o con il capo del mio ufficio, dottor Francesco Friolo".

Sileri segnala che "a gennaio-febbraio 2020, almeno in una prima fase, non esisteva un’istituzione ufficiale della task force" che si riuniva al Ministero, "né esisteva una convocazione ufficiale. Ho sin da subito notato un comportamento poco professionale. Mancava in modo assoluto la programmazione. Oltre a ciò, i verbali delle sedute della task force sono sicuramente parziali, stante l’assenza di numerose dichiarazioni mie e di Friolo".

Sileri reitera i suoi appelli, anche dopo il ritorno dal suo primo viaggio fatto a Wuhan, in data 2 e 3 febbraio 2020. Appelli di cui non c’è traccia nei verbali, ma che possono essere confermati "da Brusaferro, Iachino, Zaccardi, Miozzo, Borrelli". Al 6 marzo 2020 "non si era ancora provveduto agli acquisti dei ventilatori e di ogni dispositivo utile". Sileri bacchettava, le sue parole non finivano a verbale, ma lui insisteva.

Al rientro da Wuhan, l’ex viceministro alla Salute fa presente la gravità della situazione e il pericolo incombente "sul nostro Paese dopo i due casi di cinesi ricoverati a Roma". Uno scontro con il capo di gabinetto del ministro è raccontato anche dalle chat telefoniche acquisite dai pm di Bergamo. Il 4 marzo 2021, il viceministro invia un audio per lamentare la mancata convocazione a una riunione. Zaccardi gli risponde: "Sui vaccini finora non eri presente". E lui replica: "Perché mai nessuno mi ha detto delle riunioni".

Un contrasto continuato anche nei mesi successivi, "tanto che io dovevo rivolgermi per lo più al ministro in persona per ottenere informazioni". C’è un episodio che dà la misura dell’organizzazione "del nostro dicastero nel periodo in cui si palesava il pericolo Covid". La sera del 2 marzo 2020 Sileri, come ha raccontato ai magistrati bergamaschi, viene convocato dal capo di gabinetto a partecipare, l’indomani mattina, a una riunione per parlare di dispositivi medici. In quella riunione si parlò di trovare sul mercato circa 1000 respiratori "e ricordo che nel documento che ci fu fornito i primi respiratori disponibili sarebbero stati consegnati quattro settimane dopo l’acquisto, ma la stragrande maggioranza non prima di 8, 12 o addirittura 16 settimane dall’acquisto". Ma la catena dei contagi aumentava. A Lodi scatta la zona rossa, poi l’attenzione si sposta anche in Valle Seriana. Con l’esplosione dei contagi e la conta delle vittime che ha portato fino all’inchiesta.