Milano – Sulla carta sono lavoratori in regola. Contratto di assunzione, stipendi e orari conformi all’impiego. "Ma, nascosta, c’è una parte di sommerso", denuncia Valentina Cappelletti, segretaria Cgil Lombardia con delega al mercato del lavoro. Succede, soprattutto, "nei settori dove la marginalità è bassa". Si guadagna poco e si arrotonda con una parte extra, fuori busta paga. "È un fenomeno che interessa in particolare i comparti che lamentano mancanza di manodopera stagionale legata alle attività di intrattenimento e di ospitalità nel turismo: la stessa persona è in parte regolare e in parte no" dichiara Cappelletti.
L’Istat raggruppa tutto alla voce “economia non osservata" perché sfugge alla statistica ufficiale. In Lombardia pesa l’8,5% del Pil regionale: è la somma del lavoro irregolare (3% del Pil), dell’insieme delle attività illegali come mance, affitti in nero (1,5%) e della rivalutazione (4%). Secondo la Cgia di Mestre, in Lombardia sono circa mezzo milione gli irregolari. Il dato più alto a livello nazionale, ma con una delle incidenze più basse sul totale degli occupati (10%). Generano un valore aggiunto di oltre 12 miliardi (dato record sui 77 in Italia), il 3,6% del totale di quello prodotto dall’economia regionale. "Qui è più facile trovare il sommerso parziale in un lavoratore assunto regolarmente piuttosto che assunzioni del tutto irregolari o in nero, che ci sono soprattutto nelle imprese più fragili, meno specializzate, dove le marginalità sono scarse e bisogna tagliare sui costi – sottolinea la segretaria della Cgil Lombardia –. Il cosiddetto “sommerso parziale” è emerso col Covid: quando i settori legati al turismo e alla ricettività si sono fermati abbiamo assistito a un travaso di manodopera in altri comparti. Soprattutto profili poco qualificati, impiegati in pubblici esercizi piccoli, stranieri, che hanno trovato impiego in comparti che hanno assicurato situazioni contrattuali più durature di quelle stagionali. Dopo lo stop per la pandemia, non sono più tornati indietro e hanno lasciato alcuni settori con un vuoto di manodopera".
Alla vigilia dell’estate Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza aveva rinnovato l’allarme lanciato un anno fa, rivedendo i numeri al rialzo: 9 imprese su 10 del terziario vogliono assumere ma non trovano. Le figure più ricercate sono camerieri e personale di sala (25%), cuochi e baristi (19%), commessi (16%), addetti alle attività amministrative (10%), addetti alle pulizie, receptionist e addetti all’accoglienza, manutenzione servizi (7%).
"C’è una manodopera qualificata che non si trova perché già impiegata. Persone che si sono formate, hanno studiato e riescono facilmente a essere collocate – precisa Fabio Acampora, vicepresidente vicario di Epam, l’associazione dei pubblici esercizi di Milano (Confcommercio) –. E c’è una manodopera meno qualificata che si fatica a trovare nel terziario: i locali lavorano il sabato, la domenica e ad agosto. Un ragazzo oggi preferisce guadagnare qualcosa meno ma avere più tempo libero: dobbiamo intervenire per rendere più appetibili queste professioni. Oggi un’attività che intende garantire due giorni liberi a settimana a un lavoratore deve avere due staff: più dipendenti, con costi difficili da sostenere. Ma non credo che un imprenditore che ha faticato a superare il Covid sia disposto a rischiare garantendo a un lavoratore una parte di stipendio sommerso per rendere appetibile il lavoro".
C’è poi l’agroalimentare. Quello lombardo (valore 14 miliardi) è finito nel dossier “Cibo e sfruttamento - Made in Lombardia” realizzato dall’associazione “Terra!” con Fondazione Cariplo. Nel Mantovano i lavoratori stagionali (moldavi soprattutto) sono pagati 5-6 euro all’ora per raccogliere meloni da maggio a ottobre. A Bergamo e Brescia, province leader nella produzione di insalata in busta (il 31% del totale nazionale), si lavora nelle serre "200,300 ore al mese" si legge nel rapporto. Stipendio 400 euro, il resto in nero.