Morto a cento anni Gianrico Tedeschi, una vita tra teatro e tv

Nato a Milano nel 1920, aveva iniziato la carriera in un campo di prigionia, dov'era stato portato perché si era rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò

Gianrico Tedeschi (Alive)

Gianrico Tedeschi (Alive)

Milano, 28 luglio 2020 -  È morto ieri sera, nella sua casa di Pettenasco (Novara), Gianrico Tedeschi, decano del teatro italiano. Nato a Milano nel 1920, nella sua lunghissima carriera Tedeschi  ha lavorato con i più grandi registi, da Luchino Visconti a Giorgio Strehler a Luca Ronconi, ma è stato anche volto del varietà e della pubblicità in tv con Carosello. Attore teatrale e televisivo insieme raffinato e popolare e apprezzatissimo intrattenitore negli anni dei grandi varietà. Aveva compiuto 100 anni il 20 aprile scorso, ricevendo per l'occasione un messaggio di auguri dal presidente della Repubblica Sergo Mattarella.

Nei lager nasce la vocazione per il teatro

"La passione per il teatro è nata nei lager nazisti", ha raccontato più volte Tedeschi. L'attore fu internato dopo l'8 settembre 1943 perché non aveva voluto aderire alla Repubblica di Salò. La dolorosa esperienza l'ha raccontata in uno dei suoi ultimi spettacoli, "Smemorando", e con un'ampia intervista per "Noi nei lager" (Edizioni Paoline, 2008), un libro a cura di Luca Frigerio che raccoglie testimonianze di militari italiani internati nei campi nazisti (1943 - 1945).

Studente alla Facoltà di Magistero dell'Università Cattolica di Milano, durante la seconda guerra mondiale Tedeschi fu chiamato alle armi come ufficiale e partecipò alla campagna di Grecia; fatto prigioniero dopo l'armistizio, venne internato tra gli Imi (Internati militari italiani) nei campi di concentramento nazisti di Beniaminovo, Sandbostel e Wietzendorf. Nella prigionia conobbe altri internati destinati a diventare celebri: lo scrittore e giornalista Giovannino Guareschi, autore della saga di Don Camillo e Peppone, e Giuseppe Lazzati, futuro rettore dell'Università Cattolica. Quello di Beniaminowo, in Polonia, non lontano da Varsavia, fu il primo campo dove l'attore milanese venne internato. "Sin dall'inizio abbiamo subito una forte pressione per farci aderire alla Repubblica di Salò - raccontò Tedeschi - Ma pochissimi hanno firmato il giuramento a Hitler o a Mussolini, e quelli che l'hanno fatto, l'hanno fatto per paura e per fame. La maggior parte di noi, invece, non voleva più avere nulla a che fare con quella guerra, nè collaborare in alcun modo con i nazisti e con i fascisti. E nessuna minaccia, neanche il rischio di essere fucilati, ci ha fatto cambiare idea. Ha dell'incredibile come in noi tutti, nati e cresciuti negli anni del regime, si sia sviluppata la coscienza e la consapevolezza di cosa era giusto fare in quel preciso momento".

Ma fu poco più tardi, nel lager di Sandbostel, che ebbe inizio l'attività teatrale di Gianrico Tedeschi. "Eravamo in cinque o seimila, tutti ufficiali, molti dei quali giovani come me. C'erano quindi studenti universitari, diversi docenti e tanti professionisti: architetti, medici, avvocati, ingegneri… Ben presto alcuni di noi cercarono di mettere al servizio degli altri le loro conoscenze e le loro capacità, per far passare il tempo cercando di non pensare troppo a quella nostra disgraziata condizione. C'era chi teneva conferenze come Enzo Natta e il filosofo esistenzialista Enzo Paci; chi organizzava corsi come Giuseppe Lazzati; chi si dedicava alla pittura come Novello; chi allestiva dei veri e propri concerti come il violoncellista Angelo Selmi, che pur non avendo il suo strumento riuscì a fare un'esecuzione memorabile usando un… violino! Io, invece, prima della guerra, avevo fatto parte della filodrammatica della mia parrocchia, e mi piaceva andare a teatro. Così pensai che potevo mettere in scena qualcosa. Avevamo uno o due libri nello zaino, quindi li abbiamo riuniti creando una grande biblioteca e quando ho trovato l'Enrico IV di Pirandello lo ho messo in scena". 

Gianrico Tedeschi potè rientrare a casa il 5 settembre del 1945. "I miei genitori erano sfollati da Milano per paura dei bombardamenti aerei e c'era tutto da ricostruire. Subito ho preso contatto con Giorgio Strehler, che immediatamente dopo la guerra aveva fondato uno studio d'arte drammatica che sarebbe stata la premessa per il futuro Piccolo Teatro. Ma io ero impaziente e all'epoca la piazza più importante per chi voleva recitare era Roma, dove c'era la grande Accademia di Stato, quella diretta da Susi d'Amico, che vantava insegnanti come Sergio Tofano e registi come Orazio Costa Giovangigli. Così sono andato nella capitale, e credo di avere fatto la scelta giusta".

Il sindaco Sala: "Un grande milanese"

Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, con un post sulla sua pagina Facebook ha ricordato l'attore teatrale Gianrico Tedeschi, scomparso all'età di 100 anni come "un grande milanese". "Era stato definito 'un grandissimo attore senza i vezzi del mattatore'. Gianrico Tedeschi - ha osservato - ci lascia una lezione unica di vita e di teatro, spesa solo nella passione per il palcoscenico nelle sue forme più diverse e nell'amore per il suo pubblico". Sala ha poi ricordato che "anche la scoperta della sua vocazione ha un significato molto profondo e particolare, essendosi rivelata nel campo di prigionia di Sambostel dove fu internato per il suo rifiuto di aderire alla Repubblica di Salò. Fu lì che iniziò a recitare e furono i suoi compagni di prigionia, tra cui Giovanni Guareschi ed Enzo Paci, a convincerlo che quella era la sua strada. Da lì, una carriera lunga 70 anni che ha reso onore al teatro, al cinema e anche alla televisione italiana". Gianrico Tedeschi "ha lavorato con i più grandi registi italiani, da Visconti a Strehler e a Ronconi, ma il suo vero orgoglio è sempre stato di aver reso felice il suo pubblico, la sua gente", ha concluso.