Fecondazione eterologa, la Lombardia fissa i paletti

Pagano le coppie: nessun ticket, ma solo nei centri autorizzati di Giulia Bonezzi e Stefania Consenti

Una inseminazione in laboratorio con l'iniezione dello spermatozoo nell'ovulo (Ansa)

Una inseminazione in laboratorio con l'iniezione dello spermatozoo nell'ovulo (Ansa)

Milano, 12 settembre 2014 - Accordo raggiunto «faticosamente» in maggioranza sulla fecondazione eterologa in Lombardia: oggi la delibera sarà licenziata dalla giunta regionale. L’ossatura è una sostanziale presa d’atto del documento della Conferenza delle Regioni, con l’aggiunta di un paio di paletti. Il primo. La condizione di infertilità e di sterilità «irreversibile» delle coppie che accedono a questa tecnica di procreazione medicalmente assistita (Pma) dovranno essere certificate. Il secondo: questa prestazione, che sarà erogata solo dai centri attualmente accreditati per la Pma, sarà fuori dai Livelli essenziali di assistenza. Niente ticket insomma, le coppie ne sosterranno interamente il costo che secondo alcune prime stime non dovrebbe superare i 3 mila euro.  Un punto sul quale si è dibattuto non poco, ieri, con la Lega decisa a limitare l’accesso all’eterologa e Forza Italia e Ncd propensi anche a tutelare le coppie in difficoltà economica con costi modulati sul reddito. Alla fine è passato il pagamento integrale della prestazione. Di fatto, la Regione Lombardia non investe un euro nella fecondazione eterologa. Diversamente dalla Toscana, la prima a disciplinare questa pratica dopo che, in aprile, la Corte Costituzionale aveva fatto cadere il bando imposto dalle legge 40, con un ticket di 500 euro. Palazzo Lombardia, invece, demanda al Governo il compito di decidere se l’eterologa (praticata con gameti, ovuli o spermatozoi, di un donatore esterno alla coppia) debba o no essere inserita nei Livelli essenziali di assistenza. Così, almeno, nel testo che sarà sul tavolo della giunta. Si tratta infatti di un punto controverso, anche perché la fecondazione omologa (con gameti degli aspiranti genitori), che pure non è nei Lea nazionali (garantiti obbligatoriamente da tutte le Regioni), rientra tuttavia nei livelli che la Lombardia assicura con risorse proprie. Non fare lo stesso per l’eterologa sarebbe una restrizione, forse l’unica davvero ottenuta da Ncd che chiedeva di non trasformare la nostra regione in un «gametificio», insieme allo stop degli accreditamenti di nuovi centri. I quali, tuttavia, in Lombardia sono già 60, 20 pubblici, 31 privati e 9 convenzionati. Ncd aveva chiesto anche l’impossibilità di scelta delle caratteristiche del donatore (come il colore degli occhi o della pelle), che però era già contenuta nelle linee guida della Conferenza Stato-Regioni, così come l’accesso limitato a coppie eterosessuali coniugate o conviventi. Non sono passate, invece, le richieste di vietare l’«eterologa doppia» (cioè con ovulo e spermatozoi entrambi da donatore) e di limitare la pratica sdoganata a centri di «alta specialità» che effettuino almeno 4-500 fecondazioni l’anno. Sarà, infine, il Policlinico di Milano a tenere il registro lombardo dei donatori (necessario per far rispettare il limite di 10 gravidanze per ciascuno). L’auspicio è che se ne istituisca al più presto uno nazionale.

di Giulia Bonezzi e di Stefania Consenti