Coronavirus in Lombardia, ictus e infartuati dirottati in 18 ospedali

La Regione sceglie gli hub per le emergenze che non riguardano il virus. Gallera: "Bollettino impressionante"

Coronavirus, controlli nelle situazioni a rischio (foto Dire)

Coronavirus, controlli nelle situazioni a rischio (foto Dire)

Milano, 9 marzo 2020 - La Lombardia ieri s’è svegliata zona rossa con 769 nuovi positivi al coronavirus. Sono 4.189 dall’inizio dell’emergenza; e più di metà è in ospedale, 2.217 in reparto (556 più di sabato) e altri 399 in terapia intensiva (40 in più). «Un bollettino impressionante», dice l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera: aumentano di 26 i guariti (550) e di 113 i morti, totale 267 (e a quanto risulta al Giorno, alcuni scoperti positivi solo dopo il decesso). Il 98% aveva più di 65 anni, ma invece dei quasi 400 in terapia intensiva, sottolinea l’assessore Gallera, solo il 65% è over 65: la letalità del Covid19 è confinata agli anziani con quadro clinico compromesso «finché siamo in grado di garantire un posto» a chi lo supera con un supporto respiratorio. Per ora «il nostro sistema sanitario regge», i letti intensivi per i Covid19 sono saliti a 497 e la Lombardia può mandare pazienti in altre regioni attraverso la rete Cross (secondo il commissario Angelo Borrelli ieri 13 erano in trasferimento), ma la corsa contro il tempo ha un limite chiarito dagli intensivisti lombardi nella loro lettera al Governo: le proiezioni, se non rallenta il contagio, parlano di «18mila ricoverati» il 26 marzo, di cui «tra 2700 e 3200 in terapia intensiva».

Gli ospedali lombardi si preparano allo tsunami. Ieri una Giunta straordinaria ha deliberato un piano che ne individua 18 (5 privati) che avranno come priorità gli altri pazienti con patologie tempo-dipendenti (cui dovranno garantire la separazione dai Covid19): 4 per i traumi maggiori (come gli incidenti), 4 per le urgenze neurochirurgiche (in media 100/120 a settimana), 10 per gli ictus, 13 per gli infarti (circa ottomila l’anno), 5 per le urgenze cardiochirurgiche e vascolari. In questi hub (alcuni doppi, tripli o quadrupli) confluiranno équipe da altre strutture (ad esempio i neurologi di Cremona andranno al Poma di Mantova); tutti gli altri ospedali saranno principalmente «Corona».

E per recuperare personale da destinare all’emergenza oggi scatta lo stop alle prestazioni non urgenti e differibili negli ambulatori ospedalieri pubblici e privati, che è totale per la libera professione intramuraria (a pagamento) mentre le attività in Ssn (incluse quelle per i cronici) potranno esser mantenute se ci saranno forze sufficienti, e saranno garantite le prestazioni urgenti (con priorità U o B sull’impegnativa), quelle non differibili come dialisi, chemio e radioterapia e quelle il cui personale non serve in corsìa (come la salute mentale e le dipendenze). Ripartono, da mercoledì, anche le vaccinazioni obbligatorie per i bambini. I privati che hanno ambulatori senza ospedali, o non lavorano per la sanità pubblica, gli studi di medici e odontoiatri sono esclusi dalla sospensione ma devono permettere al personale di mettersi a disposizione dell’emergenza. Contro la quale, ha chiarito Gallera, «non abbiamo ad oggi farmaci né vaccini, l’unica arma per vincere questa battaglia è fermare la diffusione del contagio con i nostri comportamenti». 

Intanto Milano con 171 positivi (406 incluso l’hinterland) è il secondo comune per contagi dietro Cremona (202), e ha superato Codogno (170), anche se ha 87,5 volte i suoi abitanti. Nel Basso Lodigiano (che in attesa dell’ordinanza della Protezione civile non è zona più rossa di Milano) le restrizioni hanno rallentato il virus: 853 casi in provincia di Lodi a ieri, per la prima volta meno di Bergamo, che è cresciuta di oltre 200 in un giorno, a 997.