Milano – Sebbene sia obbligatorio, il congedo di paternità (che in Italia è di appena dieci giorni contro i cinque mesi di quello di maternità) non è fruito da tutti i neo papà. Anche se il tasso di utilizzo è più che triplicato fra il 2013 e il 2022, come spiega Save The Children in una ricerca su dati Insp diffusa in occasione della festa del papà di domani, 19 marzo. Dunque sempre più papà scelgono di stare a casa ad accudire i figli, ma siamo ancora ben lontani da una vera parità di cura dei bambini e anche dalle situazioni dei Paesi più avanzati (tra cui Spagna e Paesi nordici) dove i congedi di mamme e papà sono uguali.
In ogni caso, guardando alla situazione italiana, piano piano la mentalità sta cambiando, ma a velocità diverse a seconda della geografia: più elevato è il numero di padri che usufruisce del congedo nelle province del Nord e più basso in quelle del Mezzogiorno.
Cos’è il congedo di paternità
Introdotto nel 2012, il congedo di paternità prevedeva un solo giorno obbligatorio e due facoltativi. Mano a mano il numero dei giorni è stato alzato e oggi garantisce dieci giorni obbligatori (pagati al 100%) e uno facoltativo ai neopapà ed è fruibile tra i due mesi precedenti e i cinque successivi al parto.
Se si pensa che le donne hanno cinque mesi di congedo obbligatorio e pagato, è evidente che permane un forte squilibro di genere tra i due genitori nella cura dei figli appena nati. Se oggi sono ancora le donne a dover rinunciare alla carriera o addirittura al posto di lavoro perché il carico di cura risulta spesso un impedimento alla loro vita professionale, qualcosa nell'universo della paternità si muove e anche in maniera costante. I dati raccolti da Save The Children mostrano che la percentuale di padri che usufruisce del congedo di paternità si è più che triplicata fra il 2013 e il 2022. Nel 2013, infatti, poco meno di 1 padre su 5 ne ha usufruito (pari al 19,25%), cioè 51.745 padri, mentre, mentre nel 2022, sono stati più di 3 su 5 (pari al 64,02%), cioè 172.797 padri, con poche differenze a seconda che si tratti di genitori del primo (65,88%), secondo o successivo figlio (62,08%).
L’identikit del papà che sta a casa
Chi è l’uomo che fruisce del congedo? Ha più di 30 anni, vive al Nord, lavora in imprese di media-grande dimensione con un contratto di lavoro stabile e ha un reddito medio-alto. Esistono tuttavia ancora forti differenze nell'utilizzo del congedo di paternità, che varia a seconda dell'età, della tipologia contrattuale, della dimensione aziendale, del reddito e dell'area di residenza. Per quanto riguarda l’età, a utilizzare maggiormente il congedo, come era prevedibile, sono gli uomini nelle fasce d'età comprese fra i 30 e i 39 anni (65,4%) e fra i 40 e i 49 (65,6%).
La situazione area per area
Sebbene l'incremento nell'utilizzo di questo diritto all'astensione lavorativa si registri in tutta Italia, chi ne usufruisce di più vive nelle province del Nord, mentre il tasso si abbassa in quelle del Mezzogiorno. Valori di fruizione inferiori al 30%, si riscontrano nelle province di Crotone (24%), Trapani (27%), Agrigento e Vibo Valentia (29% in entrambe le province), mentre valori superiori all'80% (i più elevati), si registrano nelle province di Bergamo e Lecco (81% in entrambi i casi), Treviso (82%), Vicenza (83%) e Pordenone (85%).
Le dimensioni delle aziende
Inoltre è più probabile che il padre usufruisca del congedo di paternità se lavora in aziende medio-grandi. Fra quelle con oltre 100 dipendenti, infatti, l'utilizzo è pari al 77%, mentre scende al 67,8% in quelle che hanno fra i 51 e i 100 dipendenti, al 60% fra quelle che hanno fra i 16 e i 50 dipendenti, fino ad arrivare al 45,2% nelle aziende con 15 dipendenti o meno. Eppure, è proprio in questa ultima tipologia di azienda che si è registrato l'aumento maggiore nell'utilizzo del congedo di paternità tra il 2021 e il 2022 (più 8,7%).
I contratti e le fasce di reddito
Ovviamente la “sicurezza” del posto di lavoro incide sul tasso di fruizione. Tra i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato la percentuale sfiora il 70% (69,49%), tra quelli con contratto a tempo determinato scende al 35,95%, mentre tra gli stagionali arriva solo al 19,72%. Per quanto riguarda le fasce di reddito, invece, l'utilizzo del congedo di paternità è più diffuso tra i padri con un reddito compreso fra i 15mila e i 28mila euro (73,3%) e fra quelli con reddito superiore a 28mila euro e inferiore a 50mila (85,68%). La correlazione positiva tra reddito e utilizzo del congedo di paternità, però, si interrompe a partire dai redditi di 50mila euro (tra chi ha un reddito superiore a questo importo ne usufruisce il 78,63%).
Perché è importante
"Il coinvolgimento dei padri nella cura dei figli sta cambiando, anche se lentamente, anche in Italia, a favore di una maggiore condivisione delle responsabilità. È necessario sostenere questo cambiamento, andare nella direzione di un congedo di paternità per tutti i lavoratori, non solo i dipendenti, garantendo che i datori di lavoro adempiano all'obbligo di riconoscere tale diritto, e fino ad arrivare all'equiparazione con il congedo obbligatorio di maternità. Una misura, questa, anche a sostegno delle neomamme, in un periodo della vita che troppo spesso si rileva difficile e caratterizzato da sentimenti di inadeguatezza e solitudine, come emerge anche da una indagine campionaria promossa nel 2023 da Save the Children" afferma Giorgia D'Errico, Direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children.
"È essenziale incoraggiare i nuovi padri nella piena condivisione della cura dei figli, eliminando, al contempo, i tanti ostacoli che ancora oggi bloccano l'ingresso e lo sviluppo professionale delle madri nel mondo del lavoro" conclude D'Errico.