"Per andare a cercare non devi pagare nulla, ma ovviamente se ti beccano vicini a castelli o simili, te la fanno pagare cara". Un misto di ingenuità e furbizia, esibito su una pagina Facebook da tanti appassionati di ricerche di metalli con metal detector. Che, negli anni, li ha portati a trovare anche reperti di grande pregio, custoditi nelle proprie case e mai segnalati. Una pagina che è finita nel mirino del carabinieri del Nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale di Monza che ora, coordinati dal sostituto procuratore di Como Antonia Pavano, hanno eseguito una quindicina di perquisizioni in tutto il nord Italia, recuperando una quantità di oggetti di valore storico e archeologico, che non erano mai stati consegnati allo Stato.
Allo stesso tempo, un gruppo archeologico aveva notato le stesse foto, e segnalato a sua volta l’anomalia di quelle ricerche, per le quali nessuno chiedeva autorizzazione, e dei ritrovamenti che finivano nella proprietà di privati. Le perquisizioni, svolte in questi ultimi giorni, hanno portato a recuperare una quantità di oggetti che ora saranno affidati a consulenti per stabilirne il valore culturale. Le indagini si sono radicate a Como in quanto luogo di residenza dell’amministratore della pagina, ma coinvolgono soggetti residenti in tutta Italia, ora indagate con l’accusa di aver svolto ricerche archeologiche senza autorizzazione, e di essersi impossessati di beni appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo. Sotto sequestro, sono così finite monete antiche, palle in piombo per la ricarica di munizioni storiche, frammenti di terracotta, fibule in metallo, anelli e parti metalliche di manufatti vecchi di secoli. Un vero e proprio museo, che ora attende di essere analizzato e catalogato, per poi essere destinato ad alimentare il patrimonio pubblico, ed essere conservato in luoghi più adeguati di scantinati e soffitte. Per risalire ai soggetti destinatari delle perquisizioni, i carabinieri non hanno fatto altro che scorrere i post pubblicati apertamente sulla pagina, la cui attività risulta ora sospesa: decine di foto che inquadravano gli oggetti ritrovati, un po’ per esibire con orgoglio i successi delle ricerche, un po’ per chiedere di riconoscere o datare gli oggetti. Dimostrando così la consapevolezza del valore storico di quei ritrovamenti: "palle da moschetto di metà Ottocento", "un bottone delle truppe di Napoleone", "Un soldo del 1777", o ancora "una moneta del Ducato di Milano, 1400", ma anche un pezzo di un mosaico romano: "Farà bella figura nella mia collezione", commenta l’autore del post.