Codice Atlantico di Leonardo, nuova scoperta del Politecnico di Milano

Chiarita l’origine delle macchie nere apparse da qualche anno sul passepartout moderno che rilega i fogli originali leonardeschi

Leonardo da Vinci in un ritratto

Leonardo da Vinci in un ritratto

Milano, 18 aprile 2023 –  Nuova scoperta sul Codice Atlantico di Leonardo. Il Politecnico di Milano ha chiarito l’origine delle macchie nere apparse da qualche anno sul passepartout moderno che rilega i fogli originali leonardeschi. Il risultato delle ricerca è appena stato pubblicato su 'Scientific Reports'.

Il Codice Atlantico

Il Codice Atlantico è una delle raccolte più  estese e affascinanti di disegni e scritti di Leonardo da Vinci. La sua conservazione è una grande sfida per studiosi e ricercatori.

La conservazione

Il Codice Atlantico, donato alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana nel 1637, è stato oggetto di un importante restauro effettuato dal laboratorio del Libro antico dell'Abbazia di Grottaferrata tra il 1962 e il 1972. L'intervento e' terminato con la realizzazione di 12 volumi con 1119 fogli: ogni pagina è composta da un passepartout con finestra (aggiunto dai restauratori a Grottaferrata) che incornicia i frammenti originali di Leonardo. Dal 1997 il Codice è conservato in un ambiente con un microclima strettamente controllato, secondo gli standard per la conservazione della carta.

Piccole macchie scure

Nel 2006 sono state scoperte delle piccolissime macchie scure sul passepartout, localizzate intorno alla finestra che incornicia e rilega il foglio. Questo fenomeno di annerimento, osservato su circa 210 pagine del Codice a partire dal Foglio 600 in poi, ha suscitato grande preoccupazione tra i curatori e conservatori del museo e gli studiosi. Un primo intervento, nel 2009, ha portato alla sfascicolazione dei volumi. Oggi i disegni sono montati singolarmente su passepartout, in cartelle e scatole non acide. 

Il gruppo di ricerca

La ricerca – per comprendere le cause di alcune macchie nere – è iniziata nel 2021 in occasione di un primo progetto pilota su tre disegni del Codice finanziato dal Fondo Italiano di Investimento che ha previsto la rimozione e sostituzione del passepartout del Foglio 843. Il gruppo di lavoro interdisciplinare coordinato da Lucia Toniolo, professoressa di Scienza e Tecnologia dei Materiali del Politecnico di Milano, ha utilizzato una serie di tecniche di analisi non invasive e micro-invasive per esaminare il fenomeno e studiarne la natura e le cause.

Lo studio 

Studi precedenti avevano escluso che le macchie derivassero da processi di deterioramento microbiologico. La ricerca del Politecnico di Milano combinando indagini di fotoluminescenza iperspettrale, imaging di fluorescenza UV, con un imaging micro-Atr nell'infrarosso, ha evidenziato la presenza di colla d'amido e colla vinilica localizzate nelle aree dove il fenomeno delle macchie e' piu' intenso, proprio vicino al margine del foglio. Inoltre, è stata rilevata la presenza di nano-particelle inorganiche tondeggianti, del diametro di 100-200 nanometri, composte da mercurio e zolfo, che si sono accumulate all'interno delle cavità formate tra le fibre di cellulosa della carta del passepartout. Infine, grazie all'utilizzo di analisi di sincrotrone, condotte a Esrf a Grenoble, e' stato possibile identificare queste particelle come metacinabro, un solfuro di mercurio in una fase cristallina inusuale di colore nero.

Le ipotesi

Approfonditi studi sui metodi di conservazione della carta hanno permesso di formulare alcune ipotesi sulla formazione del metacinabro. La presenza di mercurio potrebbe essere associata all'aggiunta di un sale antivegetativo all'interno della miscela di colla utilizzata nel restauro di Grottaferrata, che potrebbe essere stata applicata solo in alcune zone del pacchetto di carta del passepartout, proprio dove questo trattiene il folio leonardesco, per garantire l'adesione e prevenire attacchi microbiologici al Codice. La presenza di zolfo, invece, e' stata collegata all'inquinamento atmosferico (a Milano negli anni '70 i livelli di biossido di zolfo SO2 erano molto elevati) o agli additivi usati nella colla, che nel tempo, avrebbero portato alla reazione con i sali di mercurio e alla formazione di particelle di metacinabro, responsabili delle macchie nere.