GIULIO MOLA
Cronaca

E' morto Cesare Pompilio: "Pizza o pasticcini, il suo arrivo metteva sempre allegria"

L'opinionista tv, grande tifoso juventino, si è spento per un problema cardiaco. "Sincero, leale e onesto. In tv si scatenava, tutti abbiamo discusso con lui. Ma si tornava subito amici come prima"

Cesare Pompilio (Frame video tv)

Cesare Pompilio (Frame video tv)

Milano, 4 settembre 2022 - Sapevo da qualche giorno che Cesare Pompilio era ricoverato nella terapia intensiva di un ospedale di Milano in seguito ad un problema cardiaco avuto a fine agosto. Ad informarmi era stato Fabio Ravezzani, il Direttore di Telelombardia e Antenna Tre, tv locali in cui Cesarone era da anni uno dei volti più noti, certamente l’icona del popolo juventino. Non era la prima volta che Pompilio stava male, era successo addirittura durante alcuni animati dibattiti davanti alle telecamere: perché lui era così, si accendeva la lucetta rossa e partiva come un treno. Scatenandosi. Poi si fermava, con lunghi sguardi e una litania ("Seeee... seeeee...") per prendere in giro i tifosi rivali, su tutti Mauro Suma e Gianluca Rossi.

Ma questa volta eravamo tutti preoccupati, perché la terapia intensiva è una cosa seria e il cuore buono e generoso di Cesare stava facendo i capricci, nonostante i bypass. I medici ma anche noi che lo incontravamo in studio, del resto, glielo dicevamo sempre: "Dai Cesare, non ti arrabbiare...". Lui sorrideva. Si zittiva. Ascoltava e poi ripartiva. Era fatto così Cesare, e quando è arrivato il whatsapp che nessuno di noi avrebbe mai voluto ricevere, ho stentato a crederci. Il post pubblicato sui “social“ dal Direttore Ravezzani è la fotografia più bella per ricordare un collega, un amico, un personaggio che si è fatto benvolere da tutti. "Ho una terribile notizia da darvi. Purtroppo è morto il mio e nostro caro amico Cesare Pompilio. Solo chi ha avuto la fortuna di frequentarlo dentro e fuori dagli studi televisivi sa che straordinaria persona fosse. Dire che ci mancherà non rende l’idea del vuoto che proviamo".

Proprio così. Perché Cesare non era solo un personaggio, ma una persona speciale. Sincera, leale, onesta. Amico di Platini e di Moggi (non si è perso neppure una delle udienze a Napoli al fianco dell’ex dg dei bianconeri dopo Calciopoli), tifosissimo della Juventus (fra i pochi cronisti che quasi arrivava a dare il tu all’Avvocato) ma apprezzato da tutti quelli che amano il calcio. La sua ironia si trasformava spesso in sarcasmo, le sue verità e quei "vorrei ma non posso parlare..." non erano solo cinema. Quando si discuteva di plusvalenze e di calciopoli gli piaceva ripetere "spegniamo le luci..spegniamo tutto...", perché avrebbe tanto voluto dare la sua versione. E poco gli importava di andare sopra le righe e di rischiare querele, anche per questo spesso noi in studio pendevamo dalle sue labbra. "Cosa mai vorrà dire adesso?". Tutti abbiamo discusso con Cesare, ma gli screzi evaporavano dopo cinque minuti di silenzio fra risate e frecciatine e si tornava amici come prima. Era bello scherzare con lui, “provocarlo“ e pungerlo, perché sapeva come replicare. E farti sorridere. E non basterebbero due giorni per raccontare decine di aneddoti.

TeleLombardia era una specie di seconda famiglia anche se negli ultimi tempi le sue apparizioni erano meno frequenti (la sua Juventus lo faceva agitare tanto, troppo...), ma quando poteva passava dalla redazione con la sua Smart personalizzata (Iosonopompilio). Un galantuomo con le colleghe cui portava fiori e cioccolatini, un compagnone con tutti gli altri (anche in studio, nelle pause pubblicitarie dei programmi, dispensava caramelle e pezzi di cioccolata). Ma Cesare era anche un grande amico de Il Giorno: lo incontravi per strada e aveva quasi sempre una copia del nostro quotidiano sotto il braccio, poi quando nell’aprile del 2005 partì l’avventura del QS (Quotidiano Sportivo) sotto la direzione di Xavier Jacobelli, appariva un giorno sì e l’altro pure nella redazione di via Stradivari, sfoggiando improbabili maglie gialle o rosa e discutibili giacche di millecolori. Non passava proprio inosservato ma non si presentava mai amani vuote: una volta col vassoio di pasticcini, l’altro con la pizza al taglio per tutti anche se alle 18 in pochi avevano appetito. Ma il suo arrivo portava tanta allegria. Il nostro grande Claudio Negri, cuore interista e sempre con la battuta pronta, lo chiama “Numa“. Facendone una simpatica imitazione. Ovviamente si parlava spesso di Juventus, ma pure di Inter e di Milan, di Moratti e di Berlusconi. E di gossip, ciò che fino a qualche anno prima era stato il suo pane quotidiano.

Era un uomo buono Cesare, pronto a mettersi a disposizione dei più fragili. Non c’era evento di beneficenza a cui non fosse invitato, e lui andava sempre volentieri. Non certo per fare la “macchietta“, ma sapendo che la gente avrebbe partecipato (e pagato il biglietto) anche perché c’era il suo faccione. Come nell’ottobre del 2015, a Morbegno, al seguito della squadra dei giornalisti del Giorno: venne volentieri e fu travolto dall’affetto della gente al punto che dopo la partita, durante una passeggiata nel centro storico, mi chiamò quasi “disperato“ dicendomi: "Minchia Giulio, aspettatemi, qui non esco più...". Lo avevano fermato in una decina per i selfie. Non solo juventini, ma anche interisti e milanisti. E lui proprio non sapeva dire di no. Ciao Cesare, e come spesso ripetevi, “ti sia lieve la terra“. Ci mancherai. Da oggi siamo tutti un po’ più soli.