ANNA GIORGI
Cronaca

Bimbo morto all'ospedale Buzzi: perché i periti dicono che Alexander si poteva salvare

La madre al nono mese di gravidanza visitata e rimandata a casa: ingrassata di 30 chili, aveva la pressione alta e i valori delle proteine sballati. Il bimbo è morto al quarto giorno di vita.

Ospedale Buzzi (Archivio)

Ospedale Buzzi (Archivio)

Milano - Alexander poteva vivere e la sua morte, a quattro giorni dalla nascita, passati in agonia, è stata la conseguenza di una serie di errori medici che, stando a quanto stabiliscono i periti, potevano essere evitati. Il caso di malasanità avviene all’ospedale Buzzi, una delle strutture sanitarie milanesi più note e conosciute, di eccellenza sulla ostetricia-ginecologia e sulla p diatria. Per i genitori di Alexander, trentenni, il figlio era un sogno che si era realizzato solo dopo un lungo percorso, passato attraverso la procreazione assistita. Rimasta incinta, la mamma aveva portato regolarmete a termine la gravidanza e, quindi, avendo raggiunto i nove mesi avrebbe dovuto partorire. Il 14 febbraio 2020 era la data dell’ultima visita di controllo al termine delle 40 settimane di gestazione. È in questo momento che, stando alle perizie, ha inizio la catena di errori che porterà alla morte del piccolo.

La sequela di errori

L’ostetrica dell’ospedale Buzzi, come risulta dalla cartella clinica, riscontra alti valori della pressione 150/100, manda la paziente al Pronto Soccorso sempre del Buzzi dove, tuttavia, dopo appena due ore la donna viene sbrigativamente e inspiegabilmente rimandata a casa, nonostante fosse emerso un quadro di sofferenza preoccupante. Tre giorni dopo la madre accusa un malore, va nuovamente in pronto soccorso per un parto d’urgenza: il bimbo nasce, ma in condizioni critiche tanto da spirare quattro giorni dopo. I periti del Tribunale hanno ora rilevato che non vennero effettuati i dovuti approfonditi controlli e che invece di dimettere la paziente, il Buzzi avrebbe, invece, dovuto approfondire e monitorare la situazione, soprattutto in una donna che era aumentata di peso di 30 chili, di cui 4 solo nell’ultima settimana.

Gli esiti della perizia 

Nella relazione viene evidenziato ancora che al Pronto Soccorso del Buzzi alla madre venne trovata "proteinuria nelle urine". Ed ancora, "il controllo pressorio venne effettuato in un arco temporale molto ristretto di soli 40 minuti, con 5 rilevazioni, una ogni 10 minuti, laddove le linee guida prevedono tempi molto più lunghi". La durata dell’osservazione è stata quindi breve in relazione al dubbio diagnostico, senza che fosse approfondita il problematico quadro materno. "È quindi ragionevolmente probabile che il 14 febbraio del 2020 la paziente stesse sviluppando un quadro pre-eclampatico".

"Omessa prudenza"

I periti del Tribunale concludono affermando che c’è stata sicuramente responsabilità della struttura sanitaria: "La condotta doverosamente prudente omessa (prolungamento del periodo di osservazione, eventuale accesso pomeridiano al Pronto Soccorso o il giorno successivo, accertamento della reale entità della proteinuria) avrebbe consentito, in termini di ragionevole probabilità e certamente secondo il criterio, proprio della responsabilità civile, del “più probabile che non”, di intercettare – attraverso il ricovero ospedaliero – l’evoluzione sfavorevole del quadro clinico materno, evitando il verificarsi di un quadro di distacco severo di placenta e quindi, in ultima analisi, il gravissimo quadro di encefalopatia ipossico-ischemica del neonato e, di conseguenza, la morte di Alexander". Alexander è stato colpito, quindi, come si legge dalla cartella clinica da una "Encefalopatia ipossico ischemica con insufficienza multiorgano ed arresto cardiaco".

Com'è morto Alexander

In pratica, l’assenza di ossigeno al cervello ha compromesso in maniera irreversibile lo stato del bambino che, dopo quattro giorni di agonia in cui ha lottato tra la vita e la morte, è deceduto. I genitori hanno depositato tramite il loro legale Andrea Marzorati un ricorso in sede civile. L’accertamento tecnico d’ufficio (ex art. 696 bis c.p.c.), infatti, consente in tempi relativamente brevi di ottenere la nomina da parte del giudice di due o più consulenti, per accertare se il medico o la struttura sanitaria siano responsabili e quantificare il danno. La perizia del Tribunale ha quindi accertato la responsabilità del Buzzi, mettendo un punto fermo nell’intera vicenda. "Quello che i genitori mi hanno fin da subito chiesto - ha concluso l’avvocato Marzorati - era aiutarli a capire cosa fosse successo, se si fosse trattato di una imprevedibile fatalità o di qualcosa evitabile: ora è arrivata la risposta anche del Tribunale, un modo per dare “giustizia” prima di tutto ad Alexander di fronte a quella culla rimasta vuota".