Mafie in affari: aziende in crisi facili prede

Nando dalla Chiesa: "Le organizzazioni si comprano le attività costrette a chiudere, vanno fermate subito"

L’edilizia è uno dei settori insieme al commercio a cui mira la mafia

L’edilizia è uno dei settori insieme al commercio a cui mira la mafia

Milano, 10 giugno 2020 - Uno scrittore, uno studioso, un politico, da sempre impegnato nell’analisi del fenomeno mafioso e delle strategie di contrasto. Nando dalla Chiesa è direttore dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano, che ha fondato nel 2013.

Professor dalla Chiesa, esiste un concreto pericolo che la pandemia legata al Covid-19 offra alle organizzazioni mafiose una ulteriore opportunità di infiltrazione nel tessuto economico e sociale della Lombardia? "Non è un rischio, è una certezza. Non ci sono alternative: o lasciamo aperte le porte o le chiudiamo. E le dobbiamo chiudere in fretta".

Usura primo rischio? "Si dice ‘usura’ e si pensa a quelli che si propongono, offrono denaro, prestiti. Questo sempre. Ma qui il rischio è peggiore: è il rischio che le organizzazioni mafiose, parliamo soprattutto di ‘ndrangheta, comprino, ‘mangino’ le imprese. Piccole imprese, imprese di confine, negozi, ristoranti, che non hanno avuto un euro di quanto promesso dal governo. Lavoravano e guadagnavano giorno per giorno. Improvvisamente, hanno dovuto chiudere. Dall’oggi al domani. Senza avere programmato nulla. Forse i proprietari avevano dei risparmi, delle risorse da parte. Ma sono passati più di tre mesi. So o sento di ristoratori che hanno deciso di chiudere, in Lombardia, in Toscana. Persone di sessant’anni con trentacinque anni di attività sulle spalle".

Rimedi? "Ci sarà una seconda ondata? Sarà ancora più dura? Allora lo Stato mantenga gli impegni. Così la gente si fiderà dello Stato. Oggi il rischio è più alto. C’è l’usura dei prestasoldi. Ma ci sono anche quelli che battono le città, si prendono le imprese, i negozi. La gente è in difficoltà, chiude e vende o svende. Quelli comprano, i soldi li hanno, il prezzo a loro non importa. S’impossessano di piccole aziende con un nome, un marchio, un punto di riferimento"”.

Che segnali state ricevendo e da dove? "Ovunque. I soldi non li hanno mandati. Si danno delle colpe alla burocrazia ma intanto non arriva niente".

Altri interessi delle mafie? "I lavori pubblici. Promessi come il motore, il volano della ripresa economica. È giusto. Però quelli si preparano a partecipare alla torta. Il punto non è sommergere di montagne di carta chi vuole partecipare, ma costruire delle strutture di controllo, affidandole a persone esperte, con meriti sul campo, che individuino i punti critici, le candidature sospette e le blocchino. Se uno ha due operai e si presenta a concorrere per un’opera che di operai ne richiede venti, va eliminato subito perché la sua candidatura significa lavoro nero, caporalato, mafia. Se non ha mai partecipato a un certo tipo di lavori, non partecipi neppure questa volta. Se la tua impresa ha la sua sede in un paradiso fiscale, non partecipi. I prefetti hanno un potere interdittivo. Spesso lo hanno usato bene, lo usino ancora. Sono tanti paletti necessari per liberare il campo dalla presenze mafiose".

La sanità. "Già in passato il mondo della sanità si è dimostrato appetito da interessi mafiosi. Vuole che, dopo l’emergenza, le organizzazioni mafiose non provino a mettersi di mezzo per quello che sarà il futuro rafforzamento dei dispositivi di protezione, per l’acquisto dei macchinari di terapia intensiva? Vuole che non provino a mettersi di mezzo come intermediari con le aziende produttrici o per la gestione dei materiali infetti? Lo faranno sicuramente".