Ora l’aviaria fa più paura: il virus colpisce cani e gatti. Primi casi nel Bresciano

In un allevamento il focolaio di H5N1 ha contagiato anche gli animali domestici: è il primo caso di passaggio del virus a specie non selvatiche

Aviaria, in un allevamento bresciano ha contagiato cani e gatti

Aviaria, in un allevamento bresciano ha contagiato cani e gatti

Brescia – Anticorpi al virus H5N1 in 5 cani e un gatto in un allevamento del Bresciano. Per gli esperti, più che una sorpresa è la conferma che il virus ad alta patogenicità, responsabile della grande epidemia di aviaria diffusa a livello globale, può essere trasmesso dai volatili ai mammiferi e, quindi, all’uomo.

La notizia ha iniziato a circolare soprattutto negli ambienti veterinari quando, il 4 luglio scorso, il Ministero della Salute ha trasmesso una nota a diversi enti (tra cui le Regioni) per informare che "è stata recentemente accertata la sieroconversione (ovvero gli animali in questione hanno sviluppato gli anticorpi, segno che sono entrati in contatto col virus, ndr) di cinque cani e un gatto presenti in un allevamento avicolo rurale in provincia di Brescia sede di un focolaio di H5N1".

Le analisi genetiche del virus hanno identificato il genotipo "responsabile dei casi riportati in nord Italia nei gabbiani. Tale virus presenta anche una mutazione considerata un marker di adattamento dei virus ai mammiferi (T271A nella proteina PB2) con un possibile aumento del suo potenziale zoonotico (ovvero della sua capacità di creare una zoonosi, cioè di dar vita a una malattia che si trasferisce dall’animale all’uomo, ndr)".

Cosa significa? "Riscontrare la sieroconversione – spiega Antonio Sorice, presidente Società italiana di medicina veterinaria preventiva (SIMeVeP) – non significa che quegli animali si siano ammalati o contagiati, ma è la certezza che sono entrati in contatto col virus e hanno avuto una risposta anticorpale".

Quello bresciano è comunque il primo in mammiferi non selvatici (un caso riguarda ata in due volpi) in Italia, mentre altri casi sono stati rilevati all’estero (in particolare in Polonia). Solo di recente sono stati introdotti i monitoraggi anche sugli animali domestici, dopo che, con l’aumento dei focolai di aviaria in tutto il mondo sono state rinvenute positività di contagio in mammiferi selvatici marini e terresti.

"La sieroconversione in sé non deve preoccupare: averla riscontrata è un fatto positivo perché vuol dire che l’attività di sorveglianza dei dipartimenti veterinari delle Ats funziona". Dopo il caso bresciano, si è comunque riunito il gruppo di esperti come previsto dal Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale. Tra le indicazioni arrivate alle Regioni c’è l’intensificazione della sorveglianza nei mammiferi selvatici nelle zone dove si sono verificati casi a negli uccelli selvatici. Il timore è che si possa arrivare alla trasmissione da uomo ad uomo.

Proprio ieri Oms, Fao e Woah (Organizzazione mondiale per la salute animale) hanno esortato i Paesi a lavorare insieme, perché il crescente numero di casi di aviaria H5N1 tra i mammiferi solleva la preoccupazione che il virus possa adattarsi per infettare gli esseri umani. Inoltre, alcuni mammiferi possono fungere da recipienti di miscelazione per i virus dell’influenza, portando alla comparsa di nuovi virus che potrebbero essere più dannosi per gli animali e l’uomo.

"Fino ad ora non c’è stata la trasmissione uomo-uomo – assicura Sorice – ma l’esperienza di Covid ci insegna che questi virus si modificano rapidamente, e a quel punto il problema non è più solo veterinario. Buona norma per tutti è evitare il contatto con carcasse di volatili morti. Avvisate la Polizia provinciale".