Avere 13 anni Un mestiere complicato

Enrico

Beruschi

Per fortuna, oltre il telefono, la televisione, gli sms, Facebook, WathsApp, cinguettii e tutte le diavolerie del genere, ci si parla ancora, un po’ staccati, mascherinati, vaccinati e grinpassati (notato: senza le due "e"). Nonostante la peste, ci si guarda negli occhi e la voce, anche se ovattata, si riesce a percepire; i discorsi, beh quelli, sono quasi sempre gli stessi. Però mi sono trovato in mezzo ad un allegro consesso e salta fuori il problema della scuola per i ragazzi di terza media, che devono scegliere il passo successivo: genitori disperati, che trasmettono il terrore ai figli, riunioni dal vivo e da remoto, il caos regna sovrano e il futuro è in grembo a Giove. Sono andato su "Uì chi pedia", mi sono perso e la confusione è aumentata: devono aver fatto qualche "semplificazione", perché non si capisce più niente, almeno questo succede ai nonni. Viene spontaneo dire: quando avevo tredici anni io... Era tutto più semplice. Se in famiglia c’erano i soldi si andava avanti, altrimenti si cercava un lavoro. Ero portato per la matematica: liceo scientifico per quelli col grano o ragioneria, che dopo 5 anni dava una bella prospettiva di impiego. Infatti, al diploma, ho ricevuto 34 offerte di lavoro. Mi guardano come quando nelle favole arriva il lupo o il principe azzurro, oppure la fatina, credono che io parli di fantascienza. Oggi trovare uno stipendio onesto è come andare sulla luna, le aziende cercano, ma non trovano. Consiglio: ragazzi studiate quello che vi piace, poi si vedrà! Ma in questi anni siamo andati avanti o indietro?