Luca Attanasio, a giudizio due dipendenti Onu per l'omicidio dell'ambasciatore

Si tratta di dipendenti del Programma alimentare mondiale (Pam), indagati per la vicenda legata alla morte del diplomatico e del carabiniere Vittorio Iacovacci nel 2021

L’ambasciatore italiano in Congo Luca Attanasio

L’ambasciatore italiano in Congo Luca Attanasio

La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di due dipendenti del Programma alimentare mondiale (Pam), agenzia dell’Onu, indagati per la vicenda legata alla morte dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi in Congo il 22 febbraio dell’anno scorso. Si tratta di Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza: ai due dipendenti, il procuratore Francesco Lo Voi e l’aggiunto Sergio Colaiocco, contestano il reato di omicidio colposo. Leone e Rwagaza organizzarono la missione del nord del Paese africano durante la quale i due italiani furono uccisi.

 La procura di Roma, che lo scorso febbraio ha chiuso le indagini sull’omicidio dell’ambasciatore e del carabiniere contesta il delitto di omicidio colposo agli organizzatori della missione nel Nord Kivu del 22 febbraio 2021, i quali avrebbero “omesso per negligenza, imprudenza e imperizia, secondo la ricostruzione effettuata allo stato, che risulta in linea con gli esiti dell’inchiesta interna dell’Onu, ogni cautela idonea a tutelare l’integrità fisica dei partecipanti alla missione Pam e che percorreva la strada RN2 sulla quale, negli ultimi anni, vi erano stati almeno una ventina di conflitti a fuoco tra gruppi criminali ed esercito regolare“. 

In particolare, per gli inquirenti, come spiegarono in una nota, gli indagati avrebbero “attestato il falso, al fine di ottenere il permesso dagli uffici locali del Dipartimento di sicurezza dell’Onu, indicando nella richiesta di autorizzazione alla missione, al posto dei nominativi dell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci, quelli di due dipendenti Pam così da indurre in errore gli uffici in ordine alla reale composizione del convoglio e ciò in quanto non avevano inoltrato la richiesta, come prescritto dai protocolli Onu, almeno 72 ore prima“. 

Inoltre secondo la procura, i due indagati “avrebbero omesso, in violazione dei protocolli Onu, di informare cinque giorni prima del viaggio, la missione di pace Monusco che è preposta a fornire indicazioni specifiche in materia di sicurezza informando gli organizzatori della missione dei rischi connessi e fornendo indicazioni sulle cautele da adottare (come una scorta armata e veicoli corazzati)“.