Coronavirus, a Crema il saluto in piazza: "Grazie, cubani"

Medaglie ricordo a medici e infermieri che per due mesi hanno gestito l’ospedale da campo

La cerimonia davanti al Duomo con il personale che tornerà al proprio paese

La cerimonia davanti al Duomo con il personale che tornerà al proprio paese

Crema, 24 maggio 2020 - Il giorno del saluto, quello della città, delle autorità, alla brigata cubana che è volata a Crema per gestire l’ospedale da campo, nel momento più critico. Ieri alle 11 in piazza del Duomo, blindata per l’occasione per impedire assembramenti, tentativo destinato al naufragio, c’erano (quasi tutti). La gente che in fondo era assiepata alle transenne con bandiere di Cuba e cartelli di ringraziamento, più volte pregata (con scarso successo) di rispettare le distanze interpersonali; i sindaci schierati sotto le finestre del palazzo vescovile; le autorità. Loro, i cubani, ordinatamente in fila a prendersi l’applauso della gente comune e poi i ringraziamenti dei politici di turno. Una cerimonia lunga 100 minuti, sotto il sole che ha disturbato chi si è presentato in giacca e cravatta, sacrificio che però era ben poca cosa di fronte alla gratitudine che era necessario dimostrare alla brigata.

E mentre medici e infermieri si godevano lo spettacolo, è arrivato l’assessore regionale Giulio Gallera, che insieme al sottosegretario Alan Christian Rizzi, ha raccontato come si è arrivati a Cuba. L’emergenza era totale e non si sapeva che pesci pigliare, quando a qualcuno è venuta l’idea di chiedere una mano a Cuba. Sia pur con poche speranze, Gallera aveva avanzato la domanda al governo cubano e un sabato mattina, mentre stava facendo la doccia, era arrivata la telefonata che confermava la possibilità di inviare la brigata in sette giorni. Subito in regione ci si è dati da fare e il 23 marzo i cubani avevano preso possesso dell’ospedale da campo. Quindi, i saluti e ringraziamenti ufficiali, dove la parola grazie è emersa moltissime volte nelle brevi prolusioni, a partire dal vescovo, passando dal sindaco, dal prefetto, dall’ambasciatore cubano, che ha detto che i suoi connazionali sono cittadini del mondo e, se c’è da dare una mano, loro ci sono, come ci sono stati negli Usa dopo l’uragano Katrina e in Pakistan dopo il terremoto e in Africa a combattere l’epidemia di ebola. Boicottato dalle campane che a mezzogiorno suonano a distesa, José Carlos Rodriguez si è fermato per ascoltarne il suono e ha ripreso solo quando il silenzio è ritornato sulla piazza.

Tra i tanti discorsi, ha particolarmente sorpreso quello della presidente della Fondazione benefattori cremaschi Bianca Baruelli, che ha voluto salutare i cubani nella loro lingua, ottenendo sinceri applausi. Il direttore generale dell’ospedale Germano Pellegata ha fatto presente come la brigata sia arrivata nel momento giusto: l’ospedale non avrebbe potuto accogliere più nessuno e la struttura da campo ha salvato la situazione. Poi si è passati ai piccoli doni omaggiati a tutti. La protezione civile ha consegnato a ciascun componente della brigata una medaglia ricordo; la presidente dell’associazione Italia-Cuba ha invitato il capo delegazione Carlo alla festa che si farà il prossimo anno, visto che quest’anno non c’è stato nulla da fare.

Infine , un po’ di conti. Nell’ospedale gestito dalla brigata sono entrati pazienti per 580 giornate di ricovero, circa cento pazienti e il personale cubano ha operato per 60 giorni, venendo ospitato presso le Ancelle, stanze della curia e l’hotel Ponte di Rialto. Il costo giornaliero della brigata è stato di circa 2.850 euro per un totale di 171mila euro, ai quali si deve aggiungere l’ultimo soggiorno delle prossime due settimane, in quanto la brigata da oggi è in quarantena volontaria per poi partire e rientrare a casa con la certezza di non portarsi dietro il virus.