Cremona, simboli della lotta al Coronavirus: Torrone d'Oro a quattro donne

Un riconoscimento che valorizza le qualità e il ruolo di chi esprime il carattere del territorio cremonese nella propria attività artistica, professionale e umana

Cremona, simboli della lotta al Coronavirus: Torrone d'Oro a quattro donne

Cremona, simboli della lotta al Coronavirus: Torrone d'Oro a quattro donne

Cremona, 18 ottobre 2020 -  Anche quest'anno l’Anteprima della Festa del Torrone di Cremona assegna il suo premio più prestigioso, il Torrone d’oro. Nato nel 2008, l'ambito riconoscimento valorizza le qualità e il ruolo di chi esprime il carattere del territorio cremonese nella propria attività artistica, professionale e umana. 

Il premio è stato consegnato da Piergiergio Burei, CEO – Amministratore Delegato Sperlari, azienda nata a Cremona nel 1836, che ha sempre mantenuto saldo il suo rapporto con la città e da Gianluca Galimberti, sindaco di Cremona. In un momento delicato e complesso come l’attuale, Sperlari ha voluto essere più che mai vicina e partecipe alla vita della sua città.

Le premiate sono quattro donne, simboli della lotta al Coronavirus. Sasha Achilli, la filmmaker che ha firmato un docufilm sull'emergenza Covid all'ospedale di Cremona; Lena Yokoyama, la violinista che suonò sul tetto dell’ospedale di Cremona durante il lockdown, trasmettendo un segnale di speranza a tutto il mondo; Elena Pagliarini, l'infermiera dell'Asst di Cremona, protagonista dello “scatto rubato” durante un estenuante turno di lavoro durante i mesi più drammatici della pandemia; Francesca Mangiatordi, medico di pronto soccorso all'ospedale Maggiore di Cremona che  scattò la foto divenuta simbolo del Coronavirus.

"E’ veramente un onore ricevere questo premio così inaspettato - ha commentato Sasha Achilli -. Ho lasciato il cuore a Cremona quest’anno. Ho scelto la città per documentare la pandemia da Covid 19 dopo aver visto la foto della Dottoressa Mangiatordi che raffigurava la sua collega infermiera Elena Pagliarini in un momento di tregua sdraiata sopra la scrivania dopo un turno di 12 ore". E ha aggiunto: "Ho incontrato molte difficoltà. Innanzitutto logistiche perché abito a Londra ed i quei giorni l’Europa aveva chiuso i confini. Poi emotive: Londra non aveva ancora il lockdown e nonostante aver sentito dai miei parenti l’assurdo realtà che stavano passando, vedere Roma completamente vuota mi ha colpito più di qualsiasi cosa. E poi ovviamente la difficoltà del vedere cosa stava passando il personale sanitario dell’ospedale ed i pazienti impauriti, e la solitudine con cui erano obbligati ad affrontare questa malattia".

"A fine marzo, "Pro Cremona" mi ha proposto di diffondere nella città la melodia di un violino, per interrompere momentaneamente il suono delle ambulanze che ormai da quasi due mesi facevano da triste colonna sonora alla città - ha spiegato  Lena Yokoyama-. Ho accettato con entusiasmo la proposta, pensando così di ricambiare una città che mi aveva dato tanto in questi anni. Mentre io suonavo sul Torrazzo il 3 aprile, Stefania Mattioli dell'ospedale Maggiore di Cremona stava tornando a casa dopo una pesante giornata di lavoro e ha sentito il suono del mio violino. Dopo qualche giorno è venuta l'idea di portare la musica anche in ospedale".

"Nei giorni che hanno preceduto quello scatto era tutto frenetico così come anche dopo quel 7 marzo giorno in cui è stata scattata la foto - ha detto Francesca Mangiatordi-. Tutti gli operatori sanitari, infermieri, medici, tecnici di laboratorio, tecnici di radiologia, assistenti sanitari, tutti, correvano da un utente all'altro, da un monitor all'altro, da un ventilatore all'altro per cercare di aiutare il maggior numero di pazienti possibili. Quella foto è divenuta emblema di solidarietà ed etica, di forza e fragilità, la dimostrazione del grande sacrificio di ogni individuo che in quel momento ha affrontato l'emergenza. Quello che ricorderò per sempre sono il volto e gli occhi dei pazienti spaventati,  che senza parlare ci chiedevano che fine dovessero fare".

Elena Pagliarini ha aggiunto "Era la notte tra il 7 e l 8 marzo…, erano le 6 del mattino, festa della donna, e stavo per concludere il mio turno notturno. Una notte indimenticabile in cui avevo pianto presa dallo sconforto e dall’impotenza davanti a quei pazienti che chiedevano aiuto, una notte con grandi emergenze trascorsa tra pazienti che lottavano contro il tempo e noi operatori sopraffatti dal desiderio di salvare vite". E ha concluso: "Quello scatto ha creato in me forte imbarazzo e disagio, io così fragile, umile e sempre in disparte davanti alle grandi esibizioni, mi sono trovata protagonista. Altalenavano in me sensazioni di vergogna ma allo stesso tempo di orgoglio dettato dal fatto che ricevevo messaggi e telefonate di stima e riconoscenza. Ero diventata il simbolo dell’Italia che lottava  in un periodo così buio e triste, l’Italia aveva trovato in me l’umiltà, il sacrificio e lo stremo delle forze dovuto al duro lavoro di tutti gli infermieri".