Separati da una via, i muri al tempo del Coronavirus

Le storie di famiglie lontane da mesi nei paesi di frontiera. Poggio Rusco e Mirandola, Castelvetro e Cremona: "Impariamo dagli errori"

Il confine tra le Regioni Lombardia ed Emilia Romagna (Ansa)

Il confine tra le Regioni Lombardia ed Emilia Romagna (Ansa)

Cremona, 31 maggio 2020 -  Una manciata di chilometri, a volte pochi metri. Un braccio di fiume. A separare per mesi genitori e figli al tempo del Covid-19, nipoti e nonni, fidanzati alla prova del fuoco imposta da un distacco imprevisto. E non è stato soltanto il frontalierato dei sentimenti, perché anche gli esercenti si sono mobilitati in difesa del loro lavoro. Ora, finalmente, il sollievo per l’apertura del 3 giugno. La speranza di non ritrovarsi, in futuro, in una situazione surreale. Come per il piccolo dramma che si è consumato ogni giorno in un chilometro e mezzo, sulle sponde del Po: quella di sinistra, dove sorge Cremona, e quella di destra, a Castelvetro Piacentino, comune di 5.300 anime, di cui circa il 30 per cento sono cremonesi, che hanno scelto di abitare al di là del ponte sul Grande Fiume, lasciando familiari e amici al di qua. E viceversa. E così accade anche fra Piacenza e San Rocco al Porto, nel Lodigano, o fra Candia Lomellina e la piemontese Terranova.

Non solo la separazione degli affetti. C’è stata anche quella del dolore. Emblematica la lettera-appello pubblicata l’8 maggio dal quotidiano online “CremonaOggi”. La scriveva Fabio Demaldè, ingegnere di Castelvetro, che vive con la famiglia a Persico Dosimo, nell’hinterland di Cremona: "Non vedo mia madre e i miei fratelli dal 28 febbraio, nel frattempo mio padre che si era ammalato di Covid è venuto a mancare e io non sono potuto andare neanche al cimitero...". "Da allora – dice oggi Demaldè – sono andato a Castelvetro una sola volta, nonostante il divieto, perché mia madre aveva bisogno. La prima cosa che farò mercoledì sarà portare mia moglie e mio figlio da mio papà al cimitero e poi andremo da mia mamma e dai miei fratelli a Castelvetro. Visto che si parla di un possibile ritorno del virus in autunno, spererei che si tenessero in considerazione queste cose: la possibilità di lasciare aperti i comuni di confine per non rivivere una situazione del genere, che ha tenuto divise non solo le persone ma anche le attività economiche di province vicine. Ha penalizzato, oltre agli affetti, l’economia. Mia mamma a Castelvetro ha un negozio di articoli sportivi. È ancora chiuso: anche questo è un problema serio".

Un problema deflagrato. A Castelvetro titolari di ristoranti, bar, negozi di abbigliamento erano scesi in campo con striscioni per chiedere la riapertura dei confini. Passione civica e commozione nelle parole di Fabio Zacchi, sindaco di Poggio Rusco, Mantova. "Si chiude un periodo di sofferenza che ci ha segnato. Adesso la gioia di rivedere i nostri cari. Speriamo di non doverci ripassare. Spero davvero che la nostra testimonianza serva perché questo non accada mai più e ci sia una diversa sensibilità per i territori di confine. Siamo profondamente mantovani e lombardi. Però siamo al confine. Dalla prima frazione di Mirandola, provincia di Modena, ci separa una strada: metà nostra e metà loro. A dodici chilometri c’è il confine veneto. Mio fratello abita in una frazione di Mirandola e mio padre a Nogara, nel Veronese. Li ho, rispettivamente, a sei e a venti chilometri. E non potevo vederli".

Casalmaggiore, in terra cremonese, e la parmense Colorno. Viadana mantovana e Brescello, interfaccia reggiana (come avrebbero affrontato il Covid don Camillo e Peppone?). In provincia di Varese ai quasi 11.000 residenti di Sesto Calende basta uno sguardo per incontrare quello dei dirimpettai di Castelletto Sopra Ticino. "Passato il ponte di ferro della ferrovia - dice il sindaco Giovanni Buzzi - e il Ticino, è provincia di Novara. È Piemonte. A 150 metri. In questi mesi siamo tornati a vivere come due stati confinanti. C’è gente che non avendo trovato casa a Sesto è andata ad abitare a Castelletto o a Dormelletto e viceversa. Ho avuto molte richieste di permessi e ho dovuto spiegare che il sindaco non poteva. E questo mi è dispiaciuto molto. La speranza, dopo la soddisfazione, è quella che il trend positivo prosegua e che non arrivi una seconda ondata. La raccomandazione è la prudenza".