ENRICO LEVRINI
Sport

Il Como ko pure in tribunale: c’è il rischio di fallimento

Nella questione della fidejussione del Centro sportivo di Orsenigo il giudice dà ragione ad Angiuoni e parla di conclamata insolvenza del club

Il Centro sportivo di Orsenigo

Como, 16 aprile 2016 - La sentenza con cui il giudice Alessandro Petronzi del Tribunale di Como ha dato piena ragione a Enzo Angiuoni ordinando al Como di restituire all’ex presidente la fidejussione di 700mila euro da lui garantita per il Centro sportivo di Orsenigo. Se ciò non avverrà entro trenta giorni, il Como dovrà versare all’ex presidente 500 euro per ogni giorno di ritardo.

Era dal 2009 che Angiuoni cercava di liberarsi da questa incombenza, da quando cioè Antonio Di Bari e Almicare Rivetti si accordarono per subentrare alla presidenza al suo posto. Con l’arrivo nel 2012 del nuovo presidente Pietro Porro e del suo nuovo gruppo Angiuoni passò alle azioni legali, perché il centro sportivo di Orsenigo è stato scorporato e venduto alla S3C, la società esterna che gestisce il Calcio Como, ancora gravato della fidejussione di Angiuoni. Ma ciò che preoccupa di più i tifosi sono i riferimenti del giudice sullo stato d’insolvenza della società, definendolo non una mancanza temporanea di liquidità ma uno stato di criticità reale evidenziato dai bilanci: in poche parole il Como sarebbe a rischio fallimento. I tifosi sui social si sono scatenati, con accuse sia nei confronti di Porro e dei sui soci e dell’ex presidente Angiuoni, che causeranno dei sicuri strascichi nella prossima partita di martedì, al Sinigaglia d contro il Cagliari. Dal canto suo, la società si è affidata a un comunicato.

«Il Calcio Como prende atto con amarezza della sentenza del Tribunale Civile di Como, in virtù del fatto che, nel corso delle udienze, era stato raggiunto un accordo soddisfacente per entrambe le parti, accordo che non è stato possibile siglare in tempo utile solo perché la delibera  della banca, di cui siamo in attesa, non è arrivata prima dell’ultima udienza del dibattimento. Nei prossimi giorni si valuterà la possibilità di ricorrere in appello per provare  in primo luogo la buona fede dell’attuale compagine societaria».