Un’istantanea su roccia che restituisce l’immagine della Terra com’era 239 milioni di anni fa, durante il periodo Triassico. Un balzo indietro nel tempo vertiginoso restituito dai reperti estratti dal Monte San Giorgio, ai piedi delle Alpi Meridionali, a cavallo tra il Cantone Ticino e le aree dei monti Pravello e Orsa in Provincia di Varese. Il Monte San Giorgio è da annoverare tra i più importanti giacimenti di fossili marini al mondo del Triassico medio (247-237 milioni di anni fa). Le diverse campagne di scavi hanno permesso di estrarre finora oltre 20mila fossili. Nel complesso, si contano circa 25 specie di rettili, 50 specie di pesci, più di 100 specie di invertebrati oltre a varie specie di vegetali, in particolare conifere. Gli ultimi ritrovamenti sorprendenti non solo per gli archeologi, ma anche per gli entomologi, hanno riportato alla luce i fossili di una blatta che custodisce le sue uova e la più antica vespa mai conosciuta, la Magnicapitixyela dilettae, oltre a libellule e una varietà di antenati degli insetti acquatici. Oltre 248 fossili appartenenti a decine di specie di insetti scoperti dal gruppo di ricerca guidato dal professor Matteo Montagna, dell’Università Federico II di Napoli. La scoperta si è meritata un lungo articolo sulla rivista Nature Communications Biology.
"È uno spaccato della comunità di insetti che popolava questo ecosistema, abbiamo sia gruppi terrestri che acquatici e tutti risalenti allo stesso periodo, in un intervallo di appena 2mila o 4mila anni", spiega il professore che ha condotto la ricerca con il Museo Cantonale di Storia Naturale di Lugano. Le dimensioni degli insetti che popolavano la Terra 239 milioni di anni fa, molto prima della comparsa dei primi ominidi 4,5 milioni di anni fa, variano dai 2 millimetri ai 2,5 centimetri. Saranno oggetto di ulteriori studi i piccoli oggetti tondeggianti sull’addome di alcuni di questi insetti e sulla cui origine non ci sono ancora certezze. Potrebbero essere spore e, se questa ipotesi venisse confermata, sarebbe la più antica prova del loro coinvolgimento nell’impollinazione. "È un importante passo in avanti - conclude Montagna - per comprendere l’evoluzione degli insetti. Si riteneva che alcuni di loro fossero scomparsi con l’estinzione del Permiano ma i nuovi dati ci fanno comprendere come quel fenomeno fu molto meno drastico negli ambienti terrestri di quanto ritenuto finora e rivelano la grande resilienza di alcune specie".
Roberto Canali