Como, processo paratie: un anno e mezzo all'ex sindaco Lucini

In tutto sono state pronunciate sette condanne e tre assoluzioni

Una delle udienze del processo paratie

Una delle udienze del processo paratie

Como, 16 gennaio 2018 -  Il Tribunale di Como ha condannato a un anno e mezzo di carcere Mario Lucini, l'ex sindaco di centrosinistra della citta' dal 2012 al 2017, nel processo delle paratie antiesondazione sul lago. Sentenza di non doversi procedere per prescrizione invece per il suo predecessore Stefano Bruni, alla guida della Giunta di centrodestra dal 2002 al 2012.

Per entrambi il pm Pasquale Addesso aveva chiesto la condanna a tre anni di carcere. Lucini era accusato di turbata libertà del contraente, falso e abuso d'ufficio, mentre a Bruni erano contestati reati edilizi e  paesaggistici. In tutto sono state pronunciate sette condanne e tre assoluzioni. La condanna più severa, a 4 anni di carcere, è spettata a Pietro Gilardoni, all'epoca dei fatti dirigente comunale del settore 'Reti tecnologiche, Strade, Acque e arredo urbano'. Gli altri imputati condannati sono l'ex responsabile unico del procedimento Antonio Ferro (un anno e tre mesi), l'ex segretario generale del Comune Antonella Petrocelli (sei mesi), l'ex dirigente 'Area Legale' del Comune Maria Antonietta Marciano (un anno), l'ex direttore dei lavori Antonio Viola (due anni), l'imprenditore edile Giovanni Foti (un anno e otto mesi). Assolti Virgilio Anselmo, Graziano Maggio e Ciro Di Bartolo 'perché il fatto non sussiste' e la societa' Sacaim, per cui lavoravano, imputata per la legge 231 del 2001.

La vicenda dell'infinito cantiere delle paratie divenne pubblica quando, nel settembre del 2009, un pensionato sbirciando dietro la palizzata che copriva i lavori si accorse dell'esistenza di un muro che oscurava la vista del lago. In seguito all'inchiesta, il progetto per le paratie è stato avocato a sé dalla Regione Lombardia ma ancora non si sono fatti concreti passi avanti nella sua realizzazione. Lucini era accusato di turbativa d'asta in relazione alla cosiddetta 'terza variante' del progetto per avere frazionato "in modo artificioso" gli incarichi attraverso degli affidamenti diretti invece della gara pubblica "al fine di eludere la normativa in materia di evidenza pubblica e in violazione dei principi di correttezza e trasparenza"