
Il processo a Roberto Zorzi accusato di essere tra gli esecutori della strage
Brescia – “Non ricordo”. “È solo un’invenzione”. Un ritornello ripetuto ieri in Assise - al processo nei confronti di Roberto Zorzi, accusato di essere tra gli esecutori della strage di piazza Loggia - dall’ex appuntato dei carabinieri Vittore Sandrini. Oggi ottantenne, nel ’74 era un fedelissimo del potente generale Delfino, all’epoca capitano del nucleo investigativo dell’Arma di Brescia. L’ufficiale che, secondo la superteste Ombretta Giacomazzi, l’aveva intimorita affinché tenesse la bocca chiusa sui rapporti tra ordinovisti veneti e neofascisti bresciani e la obbligò per anni a depistare. Giacomazzi disse di averlo visto nella mansarda del fidanzato Silvio Ferrari, camerata di Brescia che faceva la spia per le forze dell’ordine e i servizi e saltò per aria trasportando una bomba in Vespa la notte del 19 maggio 1974.
A sentir lei, li aveva accompagnati nella caserma di Parona, a Verona, dove Delfino e alti ufficiali pianificavano attentati. Allarmata dopo aver sentito in pizzeria, pochi giorni prima della strage, Zorzi e gli amici parlare dell’intenzione di vendicare la morte di Ferrari con un “botto“, riferì di avere avvertito Sandrini, il quale le avrebbe risposto di far finta di nulla. E dopo la bomba l’avrebbe portata in un bosco per pregarla di tacere.
“Si è inventata tutto – ha negato Sandrini –. Sarà stata indotta a dire queste cose dal generale Giraudo che mi fece pressioni”. “Quali?” ha insistito il presidente Spanò, perdendo la pazienza e ventilando la citazione per falsa testimonianza e calunnia. “Mi è stato chiesto di dire che Defino aveva preso soldi da Ferrari ma non era vero”.
Ai pm Sandrini disse di essersi appartato con Giacomazzi non per indurla a tacere ma per far sesso. Circostanza confermata ieri, con dettagli improbabili: “Mi vide in auto al semaforo in Porta Venezia e si propose. Andammo in campagna nella Bassa due volte”. Quanto a Delfino, “avrà anche avuto delle pecche per me era una persona regolare” ha ribadito il suo uomo. Così fedele che nel 1997, ormai in pensione da anni, rispose ai Ros che indagavano sul suo ex capo sospettando fosse il mandante della bomba: “Voi siete pazzi” e si precipitò a riferirgli tutto. Agli atti però c’è una lettera di uno degli avvocati di Buzzi, a cui Sandrini si rivolse confidando di aver visto in caserma “cose sconcertanti”: “Quel carabiniere biondo avere troppa paura” scrisse il legale. E stando a un appunto del generale Giraudo, che nel 2016 avvicinò Sandrini indagando sulla strage, l’appuntato scoppiò in lacrime: “Che cosa mi succede se dico la verità?”. “Solo invenzioni. Io la verità l’ho sempre detta”.