
Prostituzione
Rovato, 17 agosto 2016 - Quando i carabinieri della compagnia di Chiari sono arrivati per mettere sotto sequestro la struttura, all’interno dell’albergo c’erano il titolare, e alcune prostitute in compagnia dei loro clienti. I sospetti degli inquirenti su ciò che avveniva dentro l’albergo “Miramonte” di Rovato hanno quindi trovato conferma. La struttura, per la quale era già stata chiesta la chiusura da parte dell’azienda sanitaria visti i gravi problemi mai sanati, da tempo si era trasformata in una sorta di casa chiusa. Le prostitute, ragazze dell’est Europa, portavano lì i clienti che adescavano all’interno dei locali notturni del Bresciano o direttamente sulla strada. «L’albergo - spiega il comandante della compagnia di Chiari, Stefano Giovino - era la soluzione che le prostitute avevano trovato per soddisfare le richieste dei clienti che non volevano consumare i rapporti sessuali in automobile».
A coordinare le indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Chiari (ma già la polizia di Stato in passato avevano messo gli occhi sull’albergo) il sostituto procuratore della Repubblica Ambrogio Cassiani che ha chiesto e ottenuto il decreto di sequestro preventivo dell’immobile. Nei guai è ovviamente finito il titolare della struttura che affittava le camere. Per lui, un milanese di 55 anni che da tempo aveva in mano le chiavi del “Miramonte”, è scattata una denuncia per sfruttamento della prostituzione e spaccio di stupefacente. L’inchiesta aperta nell’autunno del 2014 aveva preso le mosse proprio dal sospetto che la struttura ricettiva fosse l’epicentro di una florida, continuativa e ramificata attività di spaccio di sostanza stupefacente. Al momento dell’intervento dei carabinieri, insieme ai militari della compagnia di Chiari hanno operato anche i colleghi dell’unità cinofili di Lecco, non c’era però alcuna sostanza stupefacente.
«L’attività investigativa, e non solo, prosegue», taglia corto il capitano Giovino. Per il titolare della struttura alberghiera il Gip del tribunale di Brescia ha ordinato il divieto di dimora in Rovato e l’obbligo di presentazione in caserma. Estraneo alla vicenda, invece, il ristorante omonimo della struttura che sorge vicino dell’albergo.