"La vittima raccontò il falso". Ma l’accusa di sequestro non regge

Brescia, in 17 pagine le motivazioni della condanna a 2 anni e mezzo inflitta a Jonathan Satta

Le indagini sull’episodio sfociato poi nella condanna furono condotte dai carabinieri

Le indagini sull’episodio sfociato poi nella condanna furono condotte dai carabinieri

Brescia - Le dichiarazioni della persona offesa? "Palesemente false". "E’ provato che l’imputato abbia costretto con violenza e minaccia la compagna a salire sul furgone". A riprova, escoriazioni, graffi ed ecchimosi "ricollegabili alla condotta con cui Satta ha afferrato e tirato con forza la donna, per poi scaraventarla sul veicolo".

In 17 pagine il giudice Federico Lodi ha spiegato la condanna a 2 anni e mezzo a Jonathan Satta, 25enne di Lumezzane processato per sequestro, violenza privata e lesioni aggravate. Il giovane era stato arrestato nel marzo ‘21 dopo che una telecamera lo aveva ripreso mentre caricava su un furgone la fidanzata, con cui aveva un rapporto burrascoso. Stando all’accusa, basata anche sulle dichiarazioni della vittima, per vendicarsi di essere stato lasciato l’aveva rapita, portata a 100 km da casa, e obbligata a camminare nuda nei boschi chiedendo scusa per i tradimenti. La parte offesa però, in aula, si è rimangiata tutto. Ha sostenuto di essersi inventata le accuse perché innamorata e per vendicarsi di essere stata mollata.

A suo dire le lesioni refertate erano per una scivolata dalle scale. "Zoppicavo, per portarmi in ospedale lui mi ha presa in braccio e spinta sul furgone". Poi durante il viaggio la suocera avrebbe telefonato chiedendo di fare un giro in Valsabbia a comprare alcune formaggelle. "Al Tribunale non sfugge che la persona offesa abbia dichiarato di essere salita spontaneamente sul furgone nonostante fosse a conoscenza di un video che non lascia dubbio alcuno sulla dinamica, considerato immagini chiare e nitide delle grida di aiuto - il labiale è evidente - e della costrizione".

Grida colte dai vicini, che hanno sentito Satta pronunciare "puttana, sali, ti ammazzo e poi vado in caserma". La ritrattazione è maturata tra luglio e agosto, quando l’imputato era stato trasferito dal carcere ai domiciliari, e i due avevano riallacciato i rapporti (Satta per vedere la compagna ha violato gli arresti ed è così ritornato in carcere). Ne discende che la donna - ma anche la suocera, la quale avrebbe retto il gioco al figlio sostenendo in aula di avergli telefonato commissionando di acquistare formaggelle, smentita dai tabulati - vanno indagate per falsa testimonianza. Tuttavia il reato di sequestro non sussiste, va derubricato in violenza privata: "Non ci sono prove sufficienti che la donna sia stata privata della libertà per un lasso di tempo apprezzabile".