Perseguita la ex, un anno e tre mesi allo stalker

Aveva anche puntato un coltello contro la donna e diffuso video a luci rosse

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Era a processo con l’accusa di avere minacciato di morte la ex, madre di sua figlia, di averla pedinata, di averle messo le mani addosso e di averla diffamata inviando anonimamente al suo datore di lavoro dei video hot con lei protagonista, e sotto il finto annuncio di offerta di sesso a pagamento al prezzo di 500 euro. E ieri è stato condannato a un anno e tre mesi.

Imputato - di stalking, lesioni e diffamazione - un commerciante 50enne di Piamborno. L’uomo dopo la rottura della relazione con una barista, relazione decennale durante la quale era nata una bimba, per l’accusa in preda alla gelosia le avrebbe fatto vivere un inferno, arrivando a puntarle un coltello alla presenza della figlia e della madre di lui, bruciandole l’auto (episodio, questo, oggetto di un altro procedimento), inviando link con video hard al titolare di lavoro della donna per metterla in cattiva luce. Un trattamento non molto diverso l’imputato avrebbe per l’accusa riservato alla ex precedente, che ieri in aula però ha minimizzato. Non aveva ai tempi denunciato dichiarando ai carabineri di avere paura, una versione ritrattata. Stando all’avvocato Roberto Lancellotti, parte civile, "le donne che hanno avuto a che fare con lui ne sono terrorizzate. È la madre stessa ad avere confidato di essere spaventata dal figlio, di indole violenta". Dal canto suo l’imputato con dichiarazioni spontanee si è detto innocente. "Non ho mai fatto del male a una mosca. Ho un rapporto bellissimo con tutte le mie ex, ma con lei - riferendosi alla parte offesa - no. È vero che le ho dato uno schiaffo, ma solo perché dopo la rottura della storia ho scoperto che affidava nostra figlia a persone non raccomandabili, prostitute, alcolizzati e drogati. Per me un comportamento inaccettabile. E dire che quando eravamo insieme facevamo scambi di coppia, vivevamo sopra le righe, andavamo in Sardegna e Montecarlo, io le avevo anche regalato una Ferrari. Non ci eravamo però mai drogati. E non sono stato io a diffondere i link di quei video". Il giudice però non gli ha creduto.

Beatrice Raspa