Brescia, morto sul lavoro travolto da un treno: tre alla sbarra

Aperta l’udienza preliminare Moglie e figlio della vittima si sono costituiti parte civile

Incidente ferroviario a Brescia, morto un operaio

Incidente ferroviario a Brescia, morto un operaio

Brescia -  Il 23 novembre 2018 morì sui binari, falciato da un treno in corsa, al termine di un turno notturno trascorso a riparare le linee elettriche ferroviarie. Ora la giustizia presenta il conto ai presunti responsabili dell’infortunio costato la vita a Nicola Di Sanzo, 35 anni, marito e padre di un bimbo di due anni. Nei giorni scorsi si è aperta l’udienza preliminare per i datori di lavoro della vittima: L.C., delegato alla sicurezza per le linee ferroviarie della Lombardia di Rfi - Rete ferroviaria italiana spa - la società committente della riparazione delle linee elettriche ferroviarie. E.R., amministratore unico di Gcf, Generale costruzioni ferroviarie spa, società appaltatrice, e N.S., coordinatore della sicurezza.

La pm Corrinna Carrara, titolare del fascicolo d’indagine, li accusa di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme di prevenzione degli infortuni. Non avrebbero infatti impedito un evento "che avevano l’obbligo giuridico di evitare". Agente di scorta di Rfi, l’operaio di Rotonda (Potenza) alle 5 era su un convoglio di carrelli alle porte di Brescia quando scese dal mezzo dal lato sbagliato finendo schiacciato da un Regionale in corsa per Sesto San Giovanni. Nessuno se ne accorse. A vario titolo gli imputati rispondono di omessa valutazione dei rischi da interferenza tra le attività di circolazione dei treni e i lavori di manutenzione, e della mancata elaborazione di adeguate misure preventive.

Nello specifico nel momento di ricomposizione del convoglio utilizzato per la riparazione prima del rientro al ricovero mezzi - attività di competenza del personale di scorta Rfi - "non veniva prevista alcuna procedura, lasciando la scorta priva di qualsivoglia indicazione, affinché il carrello di trazione venisse sempre posizionato in coda o in testa al convoglio e non al centro (come avvenuto nel caso di specie)". E ancora, non era stata regolamentata la discesa pericolosa "disponendone l’esecuzione solo da personale idoneamente formato". La moglie e il figlioletto della vittima tramite l’avvocato Carlo Bonifacio si sono costituti parte civile. La famiglia ha inoltre chiesto la citazione delle aziende quali responsabili civili e il gup ha autorizzato la chiamata in causa. L’udienza è stata rinviata al 17 giugno per permettere la definizione di un risarcimento economico.