FEDERICA PACELLA
Cronaca

La battaglia di mamma Gigliola a 36 anni dalla morte della figlia Monia uccisa dal fidanzato-killer: “Femminicidi come omicidi di mafia”

Brescia, nel dicembre 1989 Monia appena 19enne viene strangolata e abbandonata in un canale di scolo di Manerbio. Oggi la madre chiede un risarcimento equo: “Sono pronta a rivolgermi alla Corte europea di giustizia”

Gigliola Bono 71 anni da 15 anni è impegnata in una battaglia legale Sotto la figlia uccisa dall’ex fidanzato

Gigliola Bono 71 anni da 15 anni è impegnata in una battaglia legale Sotto la figlia uccisa dall’ex fidanzato

Brescia, 14 giugno 2025 – Era il dicembre 1989, quando Gigliola Bono dovette riconoscere il cadavere di sua figlia, sola con il marito, in una fredda stanza del cimitero di Manerbio. La ragazza, Monia Delpero, 19 anni, era stata brutalmente uccisa dall’ex fidanzato, Simone Scotuzzi, che l’ha strangolata e poi ha infilato il cadavere in un sacco, lasciato in un canale di scolo a Manerbio. Oggi, a 71 anni, Bono combatte ancora la battaglia perché le vittime di femminicidio, come Monia, siano riconosciute dallo Stato al pari delle altre vittime di crimini violenti, e che alle famiglie sia concesso un supporto, psicologico ed economico.  

Monia Delpero aveva solo 19 anni quando fu strangolata dall'ex fidanzato nel dicembre 1989
Monia Delpero aveva solo 19 anni quando fu strangolata dall'ex fidanzato nel dicembre 1989

La fuga dell'assassino 

La sua storia, umana e processuale, è arrivata l’altro giorno alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio. “Ci è stato chiesto di pagare il deposito della sentenza, in solido con chi ha commesso il reato”, racconta, citando alcuni degli aspetti più paradossali. Da Scotuzzi (condannato a 11 anni e 8 mesi), Bono ha raccontato di esser riuscita a recuperare non oltre 200 euro al mese di cessione del quinto (“ma per averlo, ho speso tre volte tanto, ho dovuto assumere anche un investigatore privato per scoprire dove lavorava”) fino a quando, nel 2018 l’uomo è andato in Perù dove si è sposato e reso irreperibile. Bono ha aspettato che il figlio più piccolo raggiungesse i 15 anni di età per riprendere pubblicamente a parlare di Monia, nelle scuole e nelle imprese, e per iniziare la battaglia per un risarcimento dallo Stato.   

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La battaglia legale 

Nel 2011 ha così presentato domanda alla Prefettura di Brescia per l’indennizzo dedicato alle vittime di reati violenti, ottenendo un diniego, perché destinato ‘solo’ a vittime di mafia e terrorismo. “Ci siamo rivolti a Ministero dell’Interno, Tar di Brescia, Consiglio di Stato di Roma, Consiglio ordinario di Brescia, di nuovo Consiglio ordinario di Roma, Tribunale ordinario di Roma. Ora siamo alla Corte d’appello. Il 25 giugno ci sarà la sentenza, ma sicuramente dovremo ricorrere in Cassazione e poi andare a Strasburgo. Volevo smettere, non ho più soldi, ma ho deciso di andare avanti, non solo per Monia, ma per tutte le vittime di femminicidio”.