Omicidio di Manuela Bailo, il giorno del dolore

Via vai di persone alla camera ardente allestita all'obitorio del Civile di Brescia per rendere omaggio alla 35enne uccisa dall'amante reo confesso

Matteo Sandri e Francesca Coccoli

Matteo Sandri e Francesca Coccoli

Brescia, 26 agosto 2018 - Manuela chiusa in una bara di legno chiaro, con accanto a sé la madre Patrizia Talenti, una donna che ha perso la figlia primogenita nel più crudele dei modi. Uccisa da un collega di lavoro, sposato e padre di due figli adolescenti, Fabrizio Pasini, l’uomo di cui la 35enne si era innamorata e con cui aveva instaurato un rapporto controverso, di cui faticava a parlare. L’immagine di questa donna forte e dignitosa che un giorno di fine luglio ha salutato la figlia come se nulla fosse mai immaginando l’epilogo scioccante dei giorni a seguire, e poi non l’ha più rivista, né viva né morta, se non appunto chiusa in una bara, è qualcosa che difficilmente si dimentica. Ieri Patrizia e il marito Elvio, i figli più piccoli Arianna e Marco rimasti a casa, dal mattino erano fissi all’obitorio del Civile dove è stata allestita la camera ardente in attesa dei funerali di lunedì a Nave.

Il corpo di Manuela, rinvenuto il 20 agosto dopo tre settimane in una fossa per liquami della cascina Bramano di Azzanello, nel Cremonese, avvolto in un sacco dell’immondizia, è stato ricomposto. È stato sottoposto all’autopsia e a una serie di prove da laboratorio. L’esito definitivo ancora non c’è, ma il cadavere, sebbene sia in cattivo stato di conservazione, presenta un profondo e netto taglio alla gola. "Manuela è morta per una ferita da arma da taglio o da punta, ha la carotide recisa, un quadro in netto contrasto con la tesi dell’incidente e dell’omicidio preterintenzionale sostenuta da Pasini", ha detto il procuratore Tommaso Buonanno. "La gola della vittima era troppo scarnificata, la coltellata non è ancora dimostrabile", ha invece ribattuto l’avvocato Pierpaolo Pettenadu, che assiste l’ex sindacalista Uil, in carcere per omicidio volontario e occultamento.

All'obitorio, fuori pioggia torrenziale come se il clima si fosse allineato al lutto, già dal mattino è iniziato un via vai incessante di persone. Le porte si aprivano di continuo per fare entrare composizioni di rose e fiori bianchi destinati a Manuela. E a seguire, colleghi, amici, parenti, esponenti del sindacato. Fisso accanto alla famiglia Bailo c’era anche Matteo Sandri, l’ex fidanzato della 35enne con cui lei divideva la casa di Nave nonostante la storia fosse finita un paio d’anni fa. Discreto, composto, chiuso in un dolore che ha condiviso in un lungo abbraccio pieno di lacrime con Francesca Coccoli, l’amica del cuore della povera Manuela.

"Sono con la Francy, lei è l’unica che mi capisce, avevo bisogno di parlare" è l’ultimo WhatsApp che il 30 luglio alle 21,50 Pasini ha scritto a Sandri dal telefono della vittima prima di gettarlo nelle Torbiere per inscenare l’allontanamento volontario. Dalla scomparsa del 28 luglio al ritrovamento del corpo, concomitante con la confessione e il fermo di Pasini – la notte tra il 19 e il 20 agosto – Matteo non solo ha vissuto nell’angoscia per la sorte della ex ma anche subito la pressione di essere additato da molti come un diretto sospettato. "Il suo sorriso non si spegnerà mai, continuerà a camminare insieme a noi ogni giorno" ha detto il segretario provinciale Uil Mario Bailo, che già pensa alla costituzione di parte civile contro l’ex dipendente, espulso. "Manuela per me ormai era una figlia, l’avevo assunta io otto anni fa e qualcuno all’epoca pensava l’avessi portata in Uil perché siamo parenti. Invece non era vero ma ora è come se lo fossimo – si stringe nelle spalle commosso il segretario nazionale Uiltec Daniele Bailo –. Una sera davanti a una pizza le domandai con franchezza se fosse vera la voce che circolava sulla sua storia con Pasini. Lei negò minimizzando e io lasciai perdere. Oggi mi sento in colpa per non essermi intromesso nella sua vita. Magari l’avrei salvata allontanandola da lui".