REDAZIONE BRESCIA

Latte miscelato dopo gli esami e lo scarto diventava formaggio

Così una dozzina di caseifici utilizzavano il prodotto contaminato di PAOLO CITTADINI

I Nas impegnati in verifiche nei caseifici

Brescia, 30 marzo 2016 - «Ribadiamo ancora che mai Grana Padano è andato o potrà andare in distribuzione se non perfetto dal punto di vista sanitario». Dalla sede del Consorzio per la tutela del Grana Padano arriva una nuova presa di posizione sull’inchiesta condotta dalla Procura di Brescia sul latte contaminato da aflatossine e destinato alla produzione del formaggio. Sono sessanta al momento le persone indagate, tra allevatori e titolari di caseifici. Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari e frode nell’esercizio del commercio sono i reati contestati a vario titolo. Quindici i fascicoli aperti dal Sostituto procuratore Ambrogio Cassiani e per qualcuno dei coinvolti sarebbe già pronta la notifica di chiusura indagini.

«Il latte in questione è di settembre – sottolineano dal Consorzio –. Quindi il formaggio realizzato con quel prodotto avrebbe potuto essere distribuito solo il prossimo luglio. I consumatori possono stare tranquilli: tutte le forme saranno controllate e solo quello assolutamente sicuro sarà messo in vendita. Siamo parte lesa e ci costituiremo parte civile contro chi ha commesso un grave reato penale». Eppure qualche formaggio realizzato con il latte contaminato è finito nelle cucine di trattorie e ristoranti: mozzarelle, ricotte e provoloni non stagionati e quindi messi immediatamente in circolo.

«Chi doveva controllare non lo ha fatto – sottolineano fonti investigative –. Il latte contaminato andava distrutto così come impone la normativa europea. Qualcuno invece ha fatto il furbo e per fare abbassare il livello di aflatossine lo ha allungato con il latte buono». Trecento i test che hanno dato esito positivo, in cui cioè il livello di aflatossine superava i 50 nanogrammi per litro stabiliti dalla legge. L’istituto zooprofilattico di Lombardia ed Emilia Romagna che ha sede a Brescia non ha mai segnalato le anomalie all’Asl. Per il momento non ci sono indagati tra i dipendenti dell’ ente, ma l’indagine è ancora in corso e non sono da escludersi ulteriori sviluppi. Sono una dozzina i caseifici coinvolti e per gli inquirenti qualcuno di questi era a conoscenza delle problematiche del latte. Ha però fatto finta di nulla e ha lavorato il prodotto allungato e riportato così entro i limiti di legge. Latte, così avrebbero evidenziato le indagini dei Nas di Brescia, utilizzato poi per la realizzazione di forme di Padano. Sono migliaia, almeno 4mila, quelle finite sotto sequestro. «Chi ha sbagliato paghi – ribadiscono dal Consorzio –. Pochi furbetti non possono delegittimare un intero sistema».