La resistenza delle imprese "Reggiamo, non all’infinito"

Brescia, il caso dell’azienda Valledoro specializzata in prodotti da forno "I forti aumenti della farina e dell’olio ci stanno mettendo in forte difficoltà"

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di Federica Pacella

Costi della farina raddoppiati, olio di girasole quasi sparito, prezzi del lievito aumentati del 35% per effetto del blocco di esportazioni dalla Russia. Non è solo l’agricoltura a pagare a caro prezzo le conseguenze della guerra in Ucraina, ma anche l’industria alimentare è messa a dura prova. Lo sa bene Giulio Zubani, alla guida di Valledoro, azienda bresciana fondata nel 1954 da Rina Consoli e Ferruccio Zubani, specializzata nella produzione di prodotti da forno che vengono distribuiti su gran parte del mercato nazionale oltre che sul mercato estero, dove è diventata simbolo del Made in Italy.

"Già durante il Covid – spiega Zubani – abbiamo iniziato a registrare importanti aumenti sugli imballaggi e sulle farine. Da quando è iniziato il conflitto c’è stata un’impennata repentina. Contratti firmati due settimane prima, per la fornitura di farina e grassi vegetali sono stati stracciati, annullati per causa di forza maggiore". Russia, Ucraina, ma anche Ungheria, sono i principali esportatori di grano e mais: con il blocco, anche il grano prodotto in Italia (non sufficiente a coprire il fabbisogno) è aumentato, allineandosi alle quotazioni internazionali. Altro grande problema è l’olio di girasole, visto che il 50% di quello usato dal sistema produttivo viene da Ucraina e Russia: nei supermercati è scattata la corsa ad acquistarlo prima che sparisca definitivamente, ma il vero problema, più che per i privati, sarà per l’industria alimentare.

"Qualcuno dice che l’Italia potrebbe essere autonoma per l’olio di girasole – commenta Zubani – a me sembra impossibile perché non abbiamo le distese che ha l’Ucraina". In Russia e Ucraina ci sono anche grosse produzioni di alluminio che serve per gli involucri dei prodotti. "Ora viene fatto pagare a cifre esorbitanti – spiega Zubani – lo stesso avviene per il cartone ondulato, dove abbiamo avuto rincari del 45, 50%. A tutto questo si aggiunge il costo dell’energia". Se le acciaierie possono pianificare delle chiusure strategiche per cercare di abbattere le bollette, le aziende alimentari non possono fare lo stesso. "Dobbiamo essere sempre presenti sul mercato, perché se il cliente o la catena che forniamo non ci trova, cambia prodotto". Dopo aver investito per anni su sostenibilità ambientale e sociale, il rischio è che le aziende ora si trovino a dover salvare la sostenibilità economica. "Per ora c’è una sorta di resistenza, per cui questi aumenti non sono ancora stati ribaltati sul consumatore finale. Credo che le aziende possano perdere 2, 3 mesi non di più. Le alternative poche: alzare i prezzi o chiudere".