Travolta da un'auto a Brescia, Jennifer Rodrigues Loda non poteva salvarsi

Assolta l’automobilista che investì e uccise la giovane barista in centro. Un angolo cieco della strada e una caduta accidentale della ragazza all'origine dell'incidente

Jennifer Rodrigues Loda

Jennifer Rodrigues Loda

Brescia - Del tragico incidente che tre estati fa costò la vita a Jennifer Rodrigues Loda, la ventiduenne barista finita sotto un’auto in pieno centro storico a Brescia, l’automobilista che la travolse non ha colpa. Il giudice ha assolto dall’accusa di omicidio stradale la sessantenne che guidava la Ford Focus, e che falciò la povera ragazza. Durante il processo, che si è svolto in abbreviato, è emerso non solo che la donna al volante rispettava il codice della strada, e che l’investimento, dato l’angolo cieco in cui si muoveva a piedi Jennifer, era ‘inevitabile’. È insorto anche il dubbio che la barista per una singolare e sciagurata coincidenza fosse scivolata a terra in autonomia una frazione di secondo prima del transito della Ford, dunque non perché travolta. Un dettaglio determinante, che può aver tragicamente segnato la sorte di Jennifer e virato invece in positivo sotto il profilo giudiziario quella dell’automobilista.

Era la mattina dell’8 luglio 2019. Originaria del Brasile e di casa a Castrezzato - solo da un paio di mesi si era trasferita in città perché aveva trovato lavoro all’Arnold’s Cafè, in centro - la giovane era scesa sotto casa per prendere un caffè al volo al Coffee Break, il bar che sorge all’incrocio tra via Trieste e via Agostino Gallo. Uscita in via Gallo da una porta secondaria del locale, Jennifer finì sotto la Ford Focus che aveva girato da via Trieste. Una ruota le fracassò il cranio e per la ragazza, che trascorse un giorno e una notte in agonia, non vi fu scampo. Morì all’ospedale Civile.

Tra i residenti e i commercianti del quartiere montò la rabbia. In molti gridarono alla tragedia annunciata per l’eccessiva velocità tenuta dai mezzi a motore nella zona, che sfrecciano in spazi ridotti e nel dedalo di vie e viuzze acciottolate. La consulenza dell’ingegnere Cinzia Cardigno, per conto della Procura, ha però scagionato l’automobilista. La sessantenne, negativa sia all’alcoltest sia alle prove antidroga - ad assisterla, l’avvocato Giordana Frattini - procedeva a 17 chilometri orari, ampiamente entro il limite dei 50 in vigore in quel tratto di strada.

Stando alla ricostruzione dell’accusa, la donna si era trovata di fronte all’improvviso la ragazza, che aveva attraversato fuori dalle strisce ed era collocata sulla sinistra, in un angolo di visuale cieco per le auto che svoltano. L’investimento avrebbe potuto essere evitato solo muovendosi a 9 chilometri orari, è la conclusione, che ha spinto la Procura a chiedere l’assoluzione dell’imputata, allineandosi alla tesi della difesa. Non solo: sulle ruote e sulle strada non furono rilevate tracce di sangue, recuperate solo su un tombino, né segni di trascinamento del corpo, contribuendo così a instillare il dubbio di un investimento subentrato solo posteriormente a una caduta.