Imprenditore sparito in azienda Chiesto l’ergastolo per il nipote

A sette anni dalla scomparsa di Mario Bozzoli le conclusioni della pubblica accusa: è stato ucciso e gettato nel forno e Ghirardini – poi suicida – non ha retto a rimorso e paura

Migration

di Beatrice Raspa

"Ergastolo per Giacomo, la cui responsabilità risulta provata oltre ogni ragionevole dubbio". Dopo quasi cinque ore di requisitoria, alla diciannovesima udienza, a 7 anni dalla scomparsa di Mario Bozzoli dalla fonderia di famiglia a Marcheno – era l’8 ottobre 2015 – la procura ha tratto le sue conclusioni per il nipote dell’imprenditore, unico imputato in Assise di omicidio pluriaggravato e soppressione del cadavere dello zio. Non solo: ha chiesto vengano indagati di falsa testimonianza e favoreggiamento gli operai Akwasi Abu Aboagye e Oscar Maggi, protagonisti di "clamorosi depistaggi" e di supporto a Giacomo per eliminare lo zio nel forno. Anche Alex Bozzoli, il fratello di Giacomo, avrebbe tenuto un comportamento censurabile, ma nei suoi confronti vige la non punibilità dovuta ai parenti degli imputati.

"Mario non è uscito con le proprie gambe dalla fonderia, è stato ucciso e gettato nel forno grande di cui Beppe Ghirardini era il dominus. Il peso per quanto fatto ha portato l’operaio a suicidarsi – ha sostenuto l’aggiunto Silvio Bonfigli –. Il suo è stato un suicidio parlante, Ghirardini non ha retto al peso del rimorso e alla paura. Ma sgombriamo il campo: a uccidere è stato Giacomo, l’unico con un movente di odio radicato. Per distruggere il corpo ha contato su Ghirardini e Maggi, ma l’appalto della distruzione l’ha dato a Ghirardini".

L’ipotesi forno è tornata in auge solo durante il dibattimento a seguito di un esperimento giudiziale disposto dalla Corte. A prova di questa pista, elementi "incontrovertibili": la fumata anomala del forno alle 19,18 ("la certificazione della morte di Mario"), le dichiarazioni dell’operaio Boateng Collins al quale Ghirardini impedisce di salire ai forni, una colata di lunghezza anomala e la disponibilità di 4400 euro in banconote da 500 trovate a casa di Ghirardini, incompatibili con la sua situazione economica. Per l’ex pg reggente Marco Martani la possibilità di un allontanamento di Mario è "categoricamente esclusa. Mai Mario avrebbe abbandonato i figli e la moglie. Era un lavoratore legatissimo all’azienda e alla famiglia. Quando poi è scomparso era felice, lavorava alla clinica odontoiatrica per il figlio Claudio". Mario per l’accusa ha firmato la condanna a morte quando in fonderia sono entrati a lavorare Alex e Giacomo, rompendo l’equilibrio precedente con il fratello, co-titolare della fabbrica, Adelio. "Giacomo è arrogante prepotente, minaccioso. I rapporti si fanno ancora più tesi quando si accorge che i fratelli vogliono avviare un’azienda senza di lui. Giacomo, Alex e Adelio frodavano i clienti mettendo nelle leghe materiali scadenti, un comportamento fortemente contrastato. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la scoperta della truffa all’assicurazione cui fu denunciato un falso scoppio di forni il 31 luglio 2015. Sulla sua auto non a caso c’era una fattura per 43 mila euro di lavori per riparazione forni, lavori peraltro eseguiti nell’altra fabbrica, finalizzata a ottenere 240mila euro".

Le conclusioni sono state rincarate dagli avvocati della moglie Irene, i figli Claudio e Giuseppe e la sorella Vittoria. "Non abbiamo propositi vendicativi né facciamo speculazioni economiche – ha sottolineato l’avvocato Vanni Barzellotti accanto al figlio Vieri –. Siamo convinti di perorare una causa che dà pace alle nostre coscienze. E giustizia a questa famiglia". Oggi le arringhe della difesa. E poi la camera di consiglio.