Marcheno (Brescia) – Fino al 30 giugno Giacomo Bozzoli, la compagna e il loro bambino erano in un Paese dell’area Schengen. Non è escluso che fosse la Francia, ma questa potrebbe essere stata soltanto una tappa di passaggio, prima dell’approdo in altri lidi, forse la penisola iberica.
Quella del 30 giugno, vigilia della sentenza di Cassazione che ha cristallizzato l’ergastolo di Giacomo, appare come uno spartiacque nell’enigma della scomparsa dell’uomo che dovrebbe essere consegnato all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario Bozzoli, la sera dell’8 ottobre 2015, nella fonderia di famiglia, a Marcheno. È uno dei due poli del mistero. L’altro è la notte fra il 23 e il 24 giugno, quando Giacomo dà gli ultimi segnali di sé. Alle 3.30 l’ultimo accesso a WhatsApp. Alle 5.51 la sua Maserati Levante viene ripresa al casello di Manerba, due minuti dopo appare a Desenzano del Garda, alle 6.03 il Suv viene nuovamente inquadrato. Dopo il 30 giugno si entra in una specie di nube ancora tutta da dissipare. Questo anche se nelle prime ore dopo il pronunciamento della Suprema Corte, si sarebbe avviato un dialogo fra gli inquirenti e i difensori di Giacomo che avrebbe dovuto portare al suo rientro in Italia per costituirsi. Ma il filo si è rotto.
Pochi dati concreti e qualche ipotesi. È certo che Giacomo abbia il passaporto scaduto e che non l’ha rinnovato. Certo che negli ultimi sei mesi non abbia compiuto viaggi all’estero, in aereo o in nave. Altrettanto sicuro che non abbia effettuato movimenti bancari. Le ipotesi, a oggi, sono sostanzialmente due. La prima. Quella di Giacomo, della moglie e del figlioletto è nata come una vacanza, anche per sottrarsi alla tensione in attesa della Cassazione e alla prevedibile pressione mediatica, per trascorrere quelli che sarebbero potuti essere gli ultimi giorni felici, festeggiare il compleanno del bambino. Appresa la notizia della condanna definitiva, Bozzoli ha un cedimento emotivo e decide di non tornare in Italia. E questa situazione si prolunga. Seconda ipotesi. La fuga era stata preordinata e organizzata da tempo. La Francia o un altro Stato dell’Unione europea sono stati semplicemente il trampolino per un tuffo nella galassia oscura della latitanza.
Oggi Giacomo Bozzoli è un latitante e un ricercato per l’Italia, l’Europa, il mondo. Il decreto dello stato di latitanza è stato firmato nella serata di martedì dal presidente della prima sezione penale del tribunale di Brescia, Roberto Spanò. Mercoledì il sostituto procuratore di Brescia, Claudia Passalacqua, ha messo la sua firma al mandato di arresto europeo, trasmesso anche ai Paesi extra Schengen e a quelli che hanno con l’Italia un rapporto di assistenza giudiziaria. Mercoledì sera i carabinieri si sono presentati nella villa di Giacomo Bozzoli, a Soiano del Lago. Sono stati sequestrati numerosi dispositivi informatici riconducibili alla coppia e diversi telefonini. Saranno indagini importanti sia per un aiuto nelle ricerche del latitante sia per verificare quali sono stati i suoi contatti nel periodo che ha preceduto la sparizione. Accertamenti possibili anche nel caso che dai telefonini fosse stata tolta la carta Sim. Sequestrati anche il cellulare del suocero di Giacomo, padre della compagna Antonella, e quelli di altri.