Delitto di Marcheno, il fratello di Bozzoli si ribella: non siamo assassini, nessuna lite

Il padre dell’imputato punta il dito: "Voleva licenziare l’operaio che si uccise. Sapeva che qualcuno rubava l’ottone". La vedova della vittima: "Ammissione di colpevolezza"

Adelio Bozzoli durante un sopralluogo degli inquirenti nella fabbrica di famiglia

Adelio Bozzoli durante un sopralluogo degli inquirenti nella fabbrica di famiglia

Brescia - «Non siamo delinquenti. Lo dico a testa alta e con determinazione: né io né i miei figli abbiamo fatto niente. I miei figli volevano bene allo zio e lo rispettavano". Il mistero della fonderia di Marcheno, da cui l’8 ottobre 2015 sparì uno dei titolari, Mario Bozzoli – il nipote Giacomo è sotto processo per omicidio premeditato e occultamento di cadavere – e le due versioni contrapposte. Da un lato c’è la vedova, Irene Zubani, con i figli Claudio e Giuseppe e la cognata Vittoria, secondo cui la conflittualità in famiglia era esplosiva, condita da liti continue, diversità di visione della gestione imprenditoriale e sospetti alimentati dai reciproci progetti personali: Mario, la clinica odontoiatrica per il figlio a Molinetto.

Adelio e i figli, un’altra fabbrica a Bedizzole. Sul fronte opposto c’è il padre dell’imputato, Adelio, appunto, fratello di Mario. Sentito ieri come teste in Assise, ha dipinto rapporti quasi idilliaci. "Mario seguiva la fonderia, faceva le leghe solo con la testa senza pc, era un genio, il migliore in Lombardia. Io mi occupavo di uffici ed edilizia. Giacomo l’abbiamo messo in fonderia con lui perché imparasse, Alex era con me, seguiva i clienti. Poi è entrata in ufficio Irene, ed è stata la benvenuta. Mai mi sono permesso di fare qualcosa senza parlarne con Mario. Lui sapeva della mia nuova società, non temeva la concorrenza perché avrei trattato rifiuti. E non c’erano scontri perché cercavamo di produrre leghe al costo più basso per tutelare i posti di lavoro. Nella mia famiglia non c’erano dissidi. Chi dice il contrario dice cattiverie".

Eppure già la notte dell’8 ottobre Irene raccontò ai carabinieri dei conflitti, e l’indomani formalizzò una denuncia. Mario, sostiene, aveva paura. "Seppi della denuncia dai TG, mi cadde il mondo addosso. Due giorni dopo la scomparsa, il commercialista mi informò anche che Irene voleva modificare gli assetti societari. In un attimo persi tutto: mio fratello, mia moglie morì di tumore, l’azienda saltò, i miei figli finirono sotto indagine (Alex finì archiviato, ndr ). Il dolore fu totale e andai giù di testa". Giacomo però aveva memorizzato lo zio nel telefono come ‘merda’. "Fu una bambinata – ha ribattuto Adelio - legata al fatto che mio fratello diceva che dai rottami usciva merda. Non mi do pace per la sua fine".

"Non mi risulta avesse nemici. Certo, aveva un bel caratterino. Quando se la prendeva con qualcuno, non mollava. Per esempio, voleva licenziare l’operaio Thiam, che una sera lo incollò al muro con il badile. E Ghirardini, che non lo ascoltava mai". Beppe Ghirardini era l’addetto ai forni trovato avvelenato a Case di Viso una settimana dopo la scomparsa del titolare. Sul caso c’è un’inchiesta per istigazione al suicidio a carico di Alex e Giacomo.Per due volte la Procura generale ha chiesto di archiviare, e la famiglia si è opposta. "Mario si era accorto che gli operai rubavano l’ottone. Era stato lui a spostare le telecamere per controllarli". "Quella di Adelio è un’ammissione di colpevolezza. Troppe bugie" ha commentato rattristata Irene.