Brescia, estorsioni con metodi mafiosi: 15 arresti in una maxi operazione anti 'ndrangheta

L'operazione "Atto finale" partita da un professionistaesasperato dalle continue minacce e pressioni psicologich, che aveva deciso di denunciare

Una delle perquisizioni avviate nell'operazione Atto finale

Una delle perquisizioni avviate nell'operazione Atto finale

Brescia - Sono 14 le misure cautelari emesse, di cui 12 in carcere, nell‘ambito dell‘inchiesta su presunte estorsioni di stampo ‘ndranghetista avvenute in Lombardia, Marche e Calabria. Secondo la direzione distrettuale antimafia di Brescia che ha condotto l‘indagine, il vertice del gruppo sarebbe il calabrese Vincenzo Facchineri, membro di una storica ‘ndrina della provincia di Reggio Calabria, che avrebbe costruito una solida rete nel bresciano e operava per introdursi, con denaro prestato ad usura, intimidazioni e minacce, nel tessuto economico della provincia. L‘uomo poteva vantare anche collegamenti con storici esponenti della banda della Magliana e della mala del Brenta. 

 L‘indagine della Direzione distrettuale antimafia di Brescia è stata avviata nel dicembre 2020, quando un libero professionista residente nel Bresciano, esasperato e stremato dalle continue minacce e pressioni psicologiche patite, aveva deciso di denunciare. Nei mesi precedenti trovandosi in difficoltà post lockdown aveva chiesto soldi a soggetti legati a cosche della ‘Ndrangheta. Il bresciano ha raccontato di essere stato vittima di estorsione messa in opera da due persone le quali dopo essersi proposte per intermediare un debito economico di 50mila che il bresciano aveva con un imprenditore estraneo all‘inchiesta, lo avevano costretto a versare con diversi bonifici a loro favore la somma complessiva di 19.500 euro di interessi oltre ai 45mila euro giá consegnati in contanti. Dalle indagini è emerso che diverse persone legate all‘associazione di matrice ‘ndranghetista operavano nella provincia di Brescia commettendo frodi fiscali e reati di riciclaggio ed usura. 

Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Brescia, Milano, Reggio Calabria, Cremona e Ascoli Piceno, la Polizia di Stato, l’Arma dei carabinieri e la Guardia di Finanza di Brescia, coordinati dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia, nell’ambito dell’operazione “Atto finale”, hanno dato esecuzione a 15 misure cautelari personali nei confronti di soggetti contigui ed inseriti in contesti di criminalità organizzata di stampo mafioso (‘ndrangheta) e gravemente indiziati, a vario titolo, di usura ed estorsione commessi con metodo mafioso.

L’attività degli investigatori - diretta dal sostituto Procuratore della Repubblica Roberta Panico della Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia, unitamente ai sostituti Erica Battaglia e Carlotta Bernardini - ha permesso di documentare, nonostante il periodo di lockdown, condotte intimidatorie ed estorsive, accordi e pagamenti usurari, accompagnati da pressioni e pretese economiche in danno di imprenditori, accordi per la spartizione degli illeciti guadagni, richieste di protezione criminale e gravi situazioni di esposizione a rischio per l’incolumità individuale.

Colpo anche alla famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato, nel Palermitano. Dalle prime ore di stamattina a San Giuseppe Jato e a San Cipirello, i carabinieri del nucleo Investigativo del Gruppo di Monreale hanno dato esecuzione a 10 provvedimenti cautelari (8 in carcere, uno ai domiciliari e una sospensione dall’ufficio o servizio), emessi dal gip di Palermo. Gli indagati sono accusati di associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, cessione di sostanze stupefacenti e accesso abusivo a sistema informatico.

Sei sono ritenuti affiliati alla famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato. Le indagini, dirette da un pool di magistrati della locale Direzione distrettuale antimafia, coordinati dal procuratore aggiunto, Salvatore De Luca, hanno permesso di monitorare gli assetti interni allo storico mandamento subito dopo i blitz ‘Nuovo Mandamento’ (2013), ‘Quattro.Zero’ (2014), ‘Montereale’ (2016) e ‘Nuovo Papa’ (2017). “Le condotte di reato contestate agli indagati - spiegano gli investigatori - sono relative al periodo compreso tra il febbraio 2017 e il novembre 2019.