Violentata e uccisa a Bedizzole: in tanti a dire addio a Francesca

Prevista una grande folla ai funerali della donna di 39 anni ammazzata da un 32enne

Francesca Fantoni uccisa a Bedizzole

Francesca Fantoni uccisa a Bedizzole

Bedizzole (Brescia), 2 febbraio 2020 -  La salma di Francesca Fantoni ieri è tornata a Bedizzole, alla Casa del Commiato di via Gavardina. E per tutto il giorno amici e conoscenti si sono alternati per rendere omaggio alla 39enne compaesana strappata alla vita da un tragico destino. Kekka, come tutti chiamavano questa donna affetta da un lieve ritardo cognitivo, buona e pronta a fidarsi del prossimo, è stata violentata, pestata e infine strangolata. Una violenza inaudita che ha scioccato tutto il paese, e non solo, intenzionato a partecipare in massa ai funerali fissati oggi alle 15 nella parrocchiale di Santo Stefano.

A ucciderla sabato sera nel parco è stato Andrea Pavarini, 32enne bedizzolese, ora in cella per omicidio aggravato dalla violenza sessuale. "Sì, sono stato io, avevamo litigato" ha ammesso il giardiniere, padre di un bimbo di tre mesi, in occasione dell’interrogatorio di convalida del fermo in carcere, senza tuttavia spiegare le ragioni dell’aggressione. Ma il movente, sono certi inquirenti e investigatori, è sessuale. Francesca è stata picchiata, costretta a subire un rapporto brutale, strangolata e lasciata esanime tra i cespugli. Lunedì mattina un carabiniere ha scoperto il corpo pieno di lividi con i pantaloni calati e aggrovigliati sulle caviglie, le mutande a metri di distanza.

A carico di Pavarini, a detta di molti problematico e inquietante, c’è "un grave quadro indiziario", ma anche il pericolo di fuga e di reiterazione del reato. E’ caratterizzato da una "allarmante carenza di autocontrollo e una vera e propria ossessione per la sfera sessuale, tale da renderlo incapace di controllare le proprie pulsioni", scrive il gip Carlo Bianchetti nell’ordinanza. A incastrarlo sono state telecamere, testimonianze e la felpa chiazzata di sangue – sangue di Kekka – indossata sabato e ritrovata nlla cesta della biancheria di casa sua. "Io non c’entro" aveva negato lui inizialmente. La sera del 25 gennaio la vittima si era recata al bar Le Terrazze, di fronte al parco, con amici. Il giardiniere si era fatto accompagnare in centro in auto dalla compagna con la scusa di dover cambiare banconote.

La donna è rimasta nel parcheggio ad attenderlo dalle 20 alle 22. "Se qualcuno ti chiede qualcosa, tu dì che stasera siamo stati in prontosoccorso con il bimbo", l’avrebbe avvisata una volta tornato, a omicidio compiuto. Alle 20,30 è stato visto lasciare il bar da solo con Francesca. Di lei da quel momento non si è più saputo nulla. Lui invece alle 21.45 dopo averla uccisa si è recato al Dreb Cafè, pieno di graffi, con la felpa chiazzata di fango e sangue e la mano sinistra gonfia per la frattura di un dito. Segno di difesa disperata della 39enne, che non è valsa a nulla.