La Lombardia di Betto Lotti al Pirellone

Al Grattacielo Pirelli l'opera del grande artista

Una delle opere esposte

Una delle opere esposte

Milano, 12 luglio 2017 - Dice bene Philippe Daverio, nel testo critico che introduce il catalogo della mostra che ha inaugurato ieri: a riassumere, esistono due Betto Lotti, il primo cosmopolita, e non solo italiano, e attento alle sperimentazioni avanguardistiche del primo Novecento, tutto lombardo il secondo, pittore di sostanziale garbo paesaggistico. Interessanti entrambi - poi, banalmente, a ognuno la propria preferenza.A segnare il discrimine, nel 1936, proprio quasi nel mezzo del cammin di sua vita, dal 1894 al 1977, l’approdo a Como, chiamato Lotti a ricoprire la cattedra d’insegnamento della pittura. È dalle rive del lago che, per citare ancora Daverio, Lotti si trasforma in “un narratore attento del paesaggio dove combina la visione vaporosa del lombardo alla materia densa e sovrapposta del piemontese”.

Senza più farsi sedurre dalle tentazioni delle nuove tendenze, dalla milanese Arte Concreta di Munari e Dorfles, neppure dai comaschi che rispondono con l’astrattismo ai decenni di imposta arte autarchica. Sono proprio gli oli lombardi il cuore della mostra di Betto Lotti in cartellone sino al 29 luglio nel prestigioso Spazio Eventi di Regione Lombardia al Grattacielo Pirelli: “Paesaggi lombardi luoghi dello spirito” l’esplicito titolo dell’esposizione curata da Daniele Lotti e Lauretta Scicchitano. Oli caratterizzati da un forte legame con la natura, e stilisticamente con l’estetica tradizionalistica di Novecento, il movimento peraltro già trascorso, narrano, è proprio il caso di dirlo, la Lombardia nelle sue persone, i suoi lavori, le abitudini, persino il trascolorare delle ore. Esemplari “Le mondine” del 1952 ma anche, prima, del 1944, “L’osteria”: il lavoro e il riposo, le schiene curve nella fatica - alla faccia del neorealismo, quante mondariso avevano il look di Silvana Mangano e di Doris Dowling? -, un bicchiere di vino e un mazzo di carte unici svaghi. Ritratti, esterni e interni, spirituali, appunto, intensi in descrizioni di un realismo preciso ma insieme ricco di venature emotive. E attenti, quei dipinti, agli equilibri dei volumi, sempre corretti, e dei toni, mai squillanti. Vedi i “Rustici al sole”’, titolo già di per sé sufficiente, vedi “Autunno”’, “Brianza”, “Periferia”, opere tutte degli anni Sessanta. Interessante, però, come abbiamo accennato, anche il Betto Lotti prima maniera, o prime maniere. A partire dall’unico olio sopravvissuto di quel periodo, “Le anime”, profili quasi monocromi di fantasmi degni dell’Espressionismo tedesco, cupi e inquietanti. Una tela che Lotti espose a Firenze, alla Galleria Cavour, nel 1913, nella sua prima personale tenuta insieme a Ottone Rosai. Una mostra che ottenne il plauso di artisti già affermati, Marinetti e Boccioni, Carrà e Papini. E per la quale alcuni critici dell’epoca escogitarono un’etichetta inedita: Sensibilismo.

Grattacielo Pirelli, Milano, via Filzi 22. Sino al 29 luglio. Catalogo Studio Bolzani. Info: 338.7276041.