Felice Gimondi, mezzo secolo dalla volata mondiale del matador: “Simbolo del mola mia”

Il 2 settembre 1973 la vittoria epica davanti a Maertens, Ocaña e Merckx: campione iridato a Barcellona dopo due anni di sconfitte e delusioni La figlia: "A casa pregavamo tutti riuniti. Madonnina fa’ che vinca"

Il 2 settembre 1973 Felice Gimondi diventa campione del mondo di ciclismo su strada a Barcellona: battuti allo sprint Freddy Maertens e Luis Ocaña, sconfitto Eddy Merckx

Il 2 settembre 1973 Felice Gimondi diventa campione del mondo di ciclismo su strada a Barcellona: battuti allo sprint Freddy Maertens e Luis Ocaña, sconfitto Eddy Merckx

Quel giorno tutti gli amanti del ciclismo corsero con lui gli ultimi 250 metri di uno sprint memorabile sul circuito del Montjuic. Soffrirono, lo spinsero con il pensiero e la passione fino a quando non videro la sua ruota precedere quelle di Maertens, temibilissimo velocista belga, dello spagnolo Ocaña, fresco vincitore del Tour de France, e soprattutto quella, che pareva irraggiungibile, di Eddy Merckx. Alle cinque della sera, ora da matador, il braccio di Felice Gimondi proteso in segno di trionfo nel cielo azzurro di Barcellona. Era il 2 settembre 1973. Gimondi campione del mondo, dopo il terzo posto nel ‘70 e il secondo dell’anno dopo, ancora una volta alle spalle di Eddy il cannibale.

In una casa di Almè una bambina di tre anni ripeteva le frasi che sentiva sussurrare dalla mamma: "Signore aiutalo", "Madonnina, fa’ che vinca". "Nella mansarda - ricorda Norma Gimondi - c’era tutta la famiglia, compresa la mia bisnonna materna. Mia madre era agli ultimi giorni di gravidanza. Mio padre vinse il mondiale il 2 settembre e il 20 nacque mia sorella Federica. Quando papà correva, la mamma non guardava mai gli ultimi chilometri, aveva sempre paura che cadesse, che gli succedesse qualcosa. Quel pomeriggio stava dietro il pilastro della mansarda. Ascoltava la telecronaca di Dezan ma non guardava. Ricordo soprattutto il dopo: nel giro di mezz’ora la gente si affollò sotto casa nostra e inneggiava a papà".

Cinquant’anni dopo. A Bergamo una “due giorni” in piazza Dante nel ricordo di quella domenica in terra catalana. Gianpaolo Sana, presidente del Museo del Legno “Tino Sana” di Almenno San Bartolomeo, è il promotore dell’evento. "Fin da piccolo ho seguito con mio padre la carriera di Gimondi. Nel ‘73 avevo undici anni, ero via con l’oratorio. Non vidi la corsa, ma ricordo benissimo quando mi arrivò la notizia della vittoria di Felice. Ero invece con mio padre ai mondiali del ‘71 a Mendrisio. Felice e Merckx corsero il finale appaiati, senza che uno si portasse mai davanti all’altro. Merckx vinse in volata. Gimondi ci raccontò che era stata una delle gare in cui aveva sofferto di più. Queste due corse racchiudono la carriera, la ‘cifra’ sportiva e umana di Gimondi: soffrire, mai mollare, alla fine vincere".

L’ultimo incontro, un giorno di agosto del 2019. "Una settimana prima della sua scomparsa ci trovammo in un parcheggio. Felice mi disse che sarebbe andato in ferie e ci saremmo visti a fine agosto, inizio di settembre. Sono le ultime immagini e le ultime parole che conservo di lui. Quest’anno ero in Comune a Bergamo. Si parlava della tappa del Giro d’Italia in città. Mi sono detto: ‘Gimondi merita molto di più. Va ricordato e bisogna mostrare le cose che lo ricordano’. L’idea dell’evento è nata così. Un modo anche questo di fare cultura. E poi ricordare Felice Gimondi significa anche portarlo a esempio".

Per quarantott’ore piazza Dante si trasformerà in golfo mistico del ciclismo. Alle 11 di oggi l’apertura con gli interventi di Gianpaolo Sana, Norma Gimondi, Giovanni Malanchini, consigliere di Regione Lombardia, Lara Magoni, sottosegretario regionale allo Sport, Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, Roberto Perico, responsabile della direzione territoriale del Banco BPM. Coordineranno i giornalisti Paolo Marabini e Ildo Serantoni. Alle 17 una tavola rotonda che vedrà Marabini e Serantoni stimolare ricordi e aneddoti di ex campioni e di giornalisti. Alle 21 il monologo di Lorenzo Bonanno tratto dal libro di Paolo Aresi “La vita a pedali”. In serata verrà esposta una scultura in legno opera di Emiliano Facchinetti: una bicicletta da corsa, sulle ruote l’immagine di Gimondi all’arrivo vittorioso della Milano-Sanremo del 1974, l’elenco dei dieci successi più significativi, lo stemma di Bergamo, la frase scritta da un amico: "Il rumore non fa bene, il bene non fa rumore".

Nelle giornate di oggi e di domani saranno esposte le otto biciclette (ognuna abbinata a una maglia e con una scheda esplicativa) dei più grandi trionfi di Gimondi, una bicicletta degli inizi del ‘900 e quella con cui Libero Ferrario si aggiudicò, primo italiano, il titolo mondiale di ciclismo, a Zurigo nel 1923.