Pedrengo, uccise il cugino a martellate: il pm chiede 9 anni

Il magistrato ha ricostruito il contesto in cui è maturato il delitto, sottolineando che l’imputata è "pienamente meritevole delle attenuanti generiche"

I rilievi nella villetta dell'omicidio

I rilievi nella villetta dell'omicidio

Pedrengo (Bergamo) - Ha ascoltato senza mai alzare lo sguardo la richiesta del pm Emanuele Marchisio: condanna a 9 anni e 4 mesi. Eliana Mascheretti, 61 anni, è a processo per aver ucciso a martellate il cugino 73enne Giuliano il 20 dicembre 2020 nella villetta di famiglia con giardino di via Camozzi 12, a Pedrengo. Per l’accusa la 61enne, ingegnere alla 3M di Grassobbio, al culmine dell’ennesimo litigio quella sera fu colta da un raptus e colpì con una novantina di martellate il cugino, ex docente di lettere in scuole private, che dal 2015, anche a causa delle sue difficoltà economiche, aveva accettato di farsi ospitare da lei.

Subito dopo l’aggressione, in bagno, la donna si sarebbe pentita e avrebbe cercato di aiutare il cugino tamponandogli le ferite e dandogli un antidolorifico. Poi aveva chiamato il 112. Ma l’anziano era morto poco prima dell’arrivo dell’ambulanza.

Nubile, la donna – ora ai domiciliari con braccialetto elettronico – aveva deciso di accogliere nella residenza di sua proprietà il cugino più anziano, anch’esso celibe. Eliana Mascheretti, è il ragionamento del pm, "voleva punire il cugino". Il delitto per cui è imputata non può considerarsi un omicidio preterintenzionale, come ritiene la difesa (avvocati Francesca Longhi e Carlo Cofini). La donna agì con dolo, pur con tutte le attenuanti del caso, su cui lo stesso Marchisio si è soffermato a lungo per giustificare la pena richiesta.

"È una storia di carità esausta, di solitudini che si incrociano", ha sottolinea il sostituto nella ricostruzione del delitto, "la cui dinamica è incontroversa". Avvenne dopo una lite per motivi banali, in un rapporto costellato da screzi dovuti agli opposti atteggiamenti di vita dei due cugini. Sul vizio di mente, per Marchisio, la capacità di intendere e di volere di Mascheretti "era grandemente scemata", al momento dell’omicidio, ma non del tutto, come, di nuovo, sostiene la difesa.

"Non era molto in sé, ma non era completamente fuori di sé. La signora lo dice: "Volevo punirlo". "Questa non è follia", evidenzia il pm rifacendosi alla perizia dello psichiatra interpellato dal gip nella fase delle indagini preliminari che concluse per un disturbo della personalità borderline, non paranoide, e per una solo parziale incapacità. Ma, appunto, "siamo di fronte a una persona pienamente meritevole anche delle attenuanti generiche, non quelle che a volte il tribunale regala senza motivo, ma quelle che poggiano su ragioni vere".

Davanti alla Corte d’’assise presieduta dal giudice Giovanni Petillo (a latere Anna Ponsero), i suoi avvocati Francesca Longhi e Carlo Cofini parleranno nella prossima udienza del 23 settembre.