Omicidio Yara, chi è la pm Letizia Ruggeri e perché è indagata dopo l'ergastolo a Bossetti

La magistrata, indagata ora per depistaggio, fu responsabile dell'indagine fin dall'inizio. Il suo lavoro ha suscitato negli anni accuse e polemiche

La pm Ruggeri, Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

La pm Ruggeri, Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo - Tre gradi di giudizio e una condanna all'ergastolo, ma il caso di Yara Gambirasio non sembra potersi davvero chiudere. Soprattutto ora che il gip di Venezia Alberto Scaramuzza ha iscritto nel registro degli indagati il pm che si occupò delle indagini, Letizia Ruggeri, per frode processuale o depistaggio in merito alla conservazione dei reperti dell'inchiesta che ha portato in carcere Massimo Bossetti

Letizia Ruggeri
Letizia Ruggeri

L'indagine "impossibile": 22mila test del Dna

Letizia Ruggeri, milanese, 56 anni, è la sostituta procuratore che si è occupata delle indagini fin dalla denuncia di scomparsa di Yara, il 26 novembre del 2010 a Brembate Sopra. La magistrata ha condotto l'inchiesta, prima per trovare la ragazzina e dopo il ritrovamento del cadavere - il 26 febbraio 2011 a Chignolo d'Isola (pochi chilometri dalla casa della ragazzina) - per individuare il colpevole dell'omicidio. Sul corpo della giovane venne ritrovata una traccia di Dna che, in assenza di altri indizi utili, ha di fatto segnato tutta l'indagine. Quella traccia portò alla creazione del profilo genetico del sospettato, denominato "Ignoto 1", per trovare il quale vennero eseguiti test genetici a tappeto su tutti gli abitanti di Brembate e i paesi vicini, per un totale di 22mila esami. Dopo aver individuato in Massimo Bossetti il possibile Ignoto 1, con uno stratagemma (finto posto di blocco con prova dell'etilometro) si ottenne il suo Dna. Che combaciava, seppur con alcune lacune (ritenute trascurabili dall'accusa e dai giudici, fondamentali invece dalla difesa), con quello di Ignoto 1. Arrivò così l'arresto di Bossetti, ma anche la lunga battaglia legale su quel Dna, che non si è esaurita nemmeno in seguito alla sentenza di terzo grado. Dopo la condanna definitiva di Bossetti, nel 2018, le 54 provette contenenti le tracce biologiche di Bossetti e di Yara vennero spostate dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio corpi di reato del tribunale di Bergamo, su decisione proprio di Ruggeri. Ci misero 12 giorni ad arrivare: non si sa come furono conservate  ma secondo i legali di Bossetti venne interrotta la catena del freddo e deteriorato il materiale biologico rendendo impossibili nuove analisi. 

Il trasloco delle provette

Proprio per quel trasferimento di prove Ruggeri è ora indagata dal gip del tribunale di Venezia, competente per i magistrati di Bergamo. La decisione del gip è arrivata dopo la denuncia presentata dai legali di Bossetti e dopo che questi si erano opposti alla richiesta di archiviazione della procura. I legali di Bossetti sostengono che oggi, con nuove tecniche, sarebbe possibile analizzare nuovamente quei campioni per dimostrare l’innocenza del loro assistito. Il procuratore capo di Bergamo, da parte sua, ha spiegato che i 54 residui organici, erano "rimasti regolarmente crio-conservati in una cella frigorifera dell'istituto San Raffaele fino a novembre 2019, quindi oltre un anno dopo il passaggio in giudicato della sentenza della condanna, e solo successivamente confiscati come prevede il Codice di procedura". Per due volte, del resto, la corte d'Assise di Bergamo aveva negato l'accesso alle provette. 

La lettera leghista e il film della Bbc

Il lavoro della magistrata provocò polemiche sia durante le indagini che durante il processo. Nel 2012 l'allora assessore regionale al Territorio, poi deputato, il leghista Daniele Belotti fece circolare tra i sindaci della zona di Brembate una petizione in cui si definiva Ruggeri persona di "basso profilo tecnico e morale" e per questo se ne chiedeva la sostituzione. Per quella lettera Belotti è stato poi querelato dalla pm: il procedimento si è chiuso con un risarcimento (11mila euro) e una lettera di scuse da parte del politico. La seconda volta che Ruggeri è stata investita dalle polemiche è stato in occasione del processo d'appello. Mentre si dibatteva in aula, in tv andò in onda il documentario "Murder in Italy", realizzato dalla Bbc. In quella pellicola Ruggeri spiegava come aveva condotto l'indagine e veniva ripresa anche in alcuni momenti privati. Per  la partecipazione a quel docufilm il capo della Procura di allora denunciò Ruggeri al Consiglio superiore della magistratura, davanti al quale la magistrata si dovette difendere dall’accusa di avere “utilizzato un canale informativo privilegiato per sostenere, anche sul piano mediatico, la sua azione" e di aver accettato la "parte" nella produzione televisiva senza informare prima il procuratore capo. Il procedimento disciplinare si concluse, nel settembre del 2019, con un nulla di fatto e il Csm decise di non perseguire la magstrata.