Omicidio Caglioni, l'imputato: "Quella è stata una notte da apocalisse"

Locatelli, accusato di aver ucciso la compagna Viviana, ripercorre in aula, fra reticenze, i momenti della tragedia

Viviana Caglioni

Viviana Caglioni

Bergamo - Artista mancato, come si è definito; ma anche un affabulatore: gli piace giocare con le parole, diluire i racconti. Alle domande dirette del pm, l’imputato Cristian Locatelli, 43 anni, aggira l’ostacolo per non rispondere. Per questo motivo viene ripreso più volte durante la deposizione in Corte d’assise. Locatelli geloso degli ex delle sue fidanzate: lo è stato per quelli di Viviana, e ancora prima di quelli della donna con la quale aveva avuto una relazione dal ’99 al 2001 in cui è nato anche un figlio. Relazione fatta di botte e percosse (anche all’ospedale, dopo il parto) come ha raccontato la teste.

Locatelli è a processo per l’omicidio di Viviana Caglioni, 33 anni, morta l’8 aprile 2020 al Papa Giovanni XXIII, dove era stata ricoverata per le percosse ricevute dall’imputato, secondo l’accusa. E veniamo alla notte del dramma, tra il 30 e il 31 marzo. Siamo al piano terra dell’abitazione di via Maironi da Ponte, in città, dove vivono Viviana, la mamma e lo zio. Locatelli ci va a vivere dal dicembre. Una convivenza a quattro in un quadro di degrado. Viviana era ubriaca e aveva problemi con la droga. "Quella è stata una notte da apocalisse: è successo di tutto – dice Locatelli – Madre e figlia che continuavano a litigare: ma capitava tutti i giorni. Anche con lo zio, per via di una somma di denaro (15 mila euro). Quella sera Viviana era scesa giù nell’appartamento al primo piano. L’ho raggiunta, era in ginocchio sul letto matrimoniale, mi ha abbracciato. Alle spalle è spuntato Gian Pietro (lo zio) invitandoci a smetterla: “A casa mia non si fanno queste cose“. Poi ho sentito un tonfo. Viviana era caduta una prima volta. Poi si è rialzata, e mentre cercava di andare verso lo zio, è finita ancora a terra. Io non ero presente".

Viviana nel cadere non ha picchiato la testa contro lo spigolo di un mobile, come era stato indicato all’inizio. Lo ha confermato anche la dottoressa Yao Chen nella sua autopsia. Quanto alle lesioni al pube sarebbero compatibili con calci ricevuti da accovacciata. Sul ritardo nella chiamata al 118, l’imputato ha spiegato che "lo zio di Viviana aveva detto di aspettare perché se fossero arrivati gli assistenti sociali avrebbero portato via la casa e anche Viviana".