
Ospedale
Zingonia (Bergamo), 2 febbraio 2017 - Una condanna a 6 mesi di reclusione, con i benefici della sospensione condizionale della pena, e tre assoluzioni, due delle quali erano state invocate dallo stesso pubblico ministero. È questo l’esito del processo, celebrato in abbreviato (sconto di un terzo sulla pena finale) davanti al gup Tino Palestra, per la morte di Anna Di Sibio, 46 anni, di Canosa di Puglia, affetta da obesità cronica, avvenuta al Policlinico San Marco di Zingonia il 17 settembre 2014, il giorno dopo un intervento di gastrectomia per la riduzione dello stomaco.
La condanna è stata inflitta a Talal Soufan, l’anestesista presente in sala operatoria il giorno dell’operazione (il pm Maria Esposito aveva chiesto per lui un anno di reclusione). Assolti, invece, Francesca Ciccarese, il chirurgo che effettuò l’intervento (l’accusa anche per lei aveva invocato un anno di carcere) e Giovanni Carlo Di Mauro e Roberto Ferani, gli anestesisti che si occuparono della paziente prima dell’operazione, per i quali il pm Esposito aveva chiesto l’assoluzione. L’intervento sembrava essere andato bene, visto che la 46enne, quel giorno, appariva in buone condizioni generali: il mattino seguente, però, era stata trovata dal personale infermieristico a letto, priva di vita, stroncata da infarto. L’indagine, seguita all’esposto presentato dai familiari della donna, aveva portato la Procura ad effettuare un’autopsia e accertamenti tecnici. Il risultato, oltre all’obesità patologica di cui Anna Di Sibio soffriva e che era all’origine dell’operazione, era stato che la donna era morta a causa della presenza di una cardiopatia dilatativa seria, unita a una insufficienza respiratoria acuta.
In sede di discussione la contestazione nei confronti di Di Mauro e Ferani è caduta perchè l’accertamento non ha un collegamento di causa effetto con il decesso della paziente. I legali dei quattro medici (avvocati Marco Zambelli, Francesca Cattaneo, Andrea Locatelli e Lodovico Isolabella), durante il dibattimento hanno sostenuto il corretto operato dei loro assistiti, «tanto che l’intervento era andato bene». Anche l’assistenza post operazione, secondo le difese, era stata del tutto adeguata alle esigenze.