
Emergenza coronavirus, una bombola per l'ossigeno
Torre de' Roveri (Bergamo=, 16 marzo 2020 - L’ultimo fine settimana per la famiglia Marchesi di Torre de’ Roveri è stato un incubo. Da venerdì sera a ieri la salma di papà Siro è rimasta in una bara non refrigerata, lì, nel salotto di casa. A vegliarlo, la moglie Judit e la figlia Asia. Solo dopo oltre 36 ore il sindaco del paesino di 2.500 anime nella Bergamasca, scavalcando una burocrazia che qui ormai è saltata, ha dato l’autorizzazione alle pompe funebri a chiudere la bara e portarla al cimitero anche senza la dichiarazione di morte.
Una dichiarazione che forse arriverà oggi, lontano dal corpo di Siro, a cui nessun medico ha voluto o potuto avvicinarsi. Anche questo succede nella vera zona rossa d’Italia: i medici di base, che dovrebbero fare un’ispezione del cadavere e constatare il decesso, sono travolti dalle chiamate e privi di protezioni. Ora Siro Marchesi avrà pace, riposa in un loculo provvisorio e verrà cremato quando ci sarà posto. Ma per la sua famiglia l’incubo continua. La morte del 65enne, immunodepresso, è arrivata alla fine di un’odissea. A inizio marzo ha iniziato ad accusare i sintomi del Coronavirus, febbre ballerina, tosse e il respiro che manca. Per giorni la famiglia ha cercato di farlo portare all’ospedale, di avere un tampone, ma senza successo. Dopo un apparente miglioramento, venerdì 13 il peggioramento e la morte. Di Coronavirus? Non si sa.
«Il dubbio che sta facendo impazzire mia mamma: siamo malate? – dice la figlia Asia –. Mio cognato lavora in un supermercato, è stato a contatto con lui, come fa a rientrare al lavoro sapendo di essere probabilmente infetto?». Il sindaco Matteo Lebbolo ha sollecitato l’Ats, ma la risposta fa gelare il sangue: non ci sono tamponi. E tremano anche in Liguria, tra Lerici e Ameglia, dove Marchesi aveva trovato il suo buen retiro e dove è rimasto fino al 6 marzo.