DANIELE DE SALVO
Cronaca

La montagna ferita Deserti di terra dove si sciava Altre seggiovie ferme

Il rapporto di Legambiente aggiorna l’elenco degli impianti dismessi "L’innevamento artificiale è accanimento terapeutico. Costa e spreca risorse utili per l’emergenza. Il turismo va ripensato".

La montagna ferita Deserti di terra dove si sciava Altre seggiovie ferme

di Daniele De Salvo

Un deserto di roccia dove si disputeranno le Olimpiadi invernali del 2026. Le temperature in quota si sono alzate come non mai e i nevai e ghiacciai si stanno liquefacendo. Molte piste da sci restano aperte solo perché si spara neve artificiale. Quella che Legambiente ha bollato come "accanimento terapeutico", senza dimentare che l’acqua utilizzata per imbiancare le piste potrebbe essere impiegata per attenuare la crisi idrica, poiché con un metro cubo d’acqua, cioè mille litri, se ne producono solo 2 di neve, senza contare i costi energetici. A Livigno la colonnina di mercurio del termometro è salita di oltre 3 gradi e mezzo, a Bormio come a Santa Caterina di 3°, all’Aprica di 4°, a Madesimo di 2 e mezzo. E poi: di 2 ai Pianti di Artavaggio e ai Piani di Bobbio in Valsassina; quasi di 3 gradi al Tonale, di 2 nelle altre località turistiche invernali del Bresciano; di 2,3° a Foppolo, San Simone e Colere nelle Bergamasca.

Dal 1991 in Lombardia si sono estinti 121 ghiacciai e ogni anno si perde più di 1 chilometro quadrato e mezzo di superficie di ghiaccio, tanti quanti 220 campi da calcio. In Lombardia sono stati dimessi 23 impianti di risalita e altri 5 risultano temporaneamente chiusi. È la fotografia scattata dagli ambientalisti di Legambiente con l’ultimo dossier Nevediversa. "Lo scenario di inverni sempre più secchi e l’innalzamento delle temperature rendono necessario ripensare il turismo invernale e valorizzare realtà che già da tempo promuovono alternative al costoso e impattante business dello sci da discesa, ponendo un freno all’uso smodato dell’innevamento artificiale e dei bacini e dicendo stop alla proliferazione di impianti all’interno delle aree protette". Già molti turisti e appassionati di montagna, che interessa il 41% della Lombardia, si sono convertiti a forme di sport più lente e rispettose dell’ambiente, del paesaggio, delle risorse tradizionali locali. Tra gli ultimi impianti e le strutture dismesse, alcuni dei quali spesso abbandonati senza essere smantellati, ci sono la seggiovia sul Monte Arera a Oltre il Colle chiusa dal 2003, lo skilift sul Monte San Primo a Bellagio fermo dal 2013, la funivia sui Monti Greggio e Sighignola in Alta Valle Intelvi, lo skilift sul Monte Tesoro a Carenno o sull’Alpe Paglio ai Casargo, l’ecomostro di Moggio in vendita dal 2019, il villaggio turistico Alpiaz di Montecampione. Altri impianti invece sono sottoposti ad accanimento terapeutico, come quello di Caspoggio, tra i 1.100 e i 2mila metri di altitudine, chiuso dal 2013 per l’insostenibilità dei costi per l’innevamento artificiale a fronte degli esigui ricavi, per il quale sono stati stanziati 680mila euro per la sostituzione dell’impianto a fune. Le opere per i Giochi a cinque cerchi di Milano-Cortina 2026 a causa dei cambiamenti climatici rischiano la stessa sorte e di diventare cattedrali in un deserto arido.