Juventino aggredito a Bergamo, telecamere e Digos scagionano Baroni

Si è aperta con un colpo di scena la nuova udienza del maxi processo contro 146 tifosi atalantini e siciliani (90 bergamaschi e 56 del Catania) di Michele Andreucci

 SVOLTA La scena dell’aggressione al supporter juventino: secondo gli esperti il video dimostra che l’aggressore non è l’imputato (De Pascale)

SVOLTA La scena dell’aggressione al supporter juventino: secondo gli esperti il video dimostra che l’aggressore non è l’imputato (De Pascale)

Bergamo, 10 marzo 2015 - Si è aperta con un colpo di scena la nuova udienza del maxi processo contro 146 tifosi atalantini e siciliani (90 bergamaschi e 56 del Catania), finiti davanti al giudice Maria Luisa Mazzola per una serie di reati da stadio avvenuti a partire dal 2006 e fino al 2012: aggressioni a cinghiate, adunate sediziose, violazioni di Daspo, minacce alla polizia. Ieri due poliziotti  della Digos, Corrado Citaristi e Giuseppe Viganò, hanno riconosciuto nel video della telecamera comunale puntata su Piazza Vittorio Veneto, l’ultrà atalantino che il 7 maggio del 2012 aggredì a pugni e colpi di cintura il tifoso della Juventus Francesco Mazzola, che stava festeggiando lo scudetto vinto dai bianconeri di Antonio Conte. Dal video, hanno specificato in aula i due poliziotti, emerge senza ombra di dubbio che la persona che tira un pugno e assesta una cinghiata alla vittima, inquadrato per alcuni secondi, è Camillo Perretta, 31 anni, di Bergamo, che nel dibattimento in corso deve rispondere di lesioni ai danni di una persona ignota. Una rivelazione, quella dei due agenti, tra i massimi esperti della tifoseria bergamasca, non da poco. Per l’episodio del 7 maggio 2012, infatti, l’autore è sempre stato ritenuto un altro supporter nerazzurro, Jean Luc Baroni, 28 anni, di Villa d’Almè. La visione delle immagini, portate in aula dall’avvocato Andrea Pezzotta (difensore dell’imputato principale del dibattimento, Claudio Galimberti, meglio conosciuto come il “Bocia”, il leader della curva Nord dello stadio), ha permesso di fare chiarezza sulla vicenda.

Baroni era stato riconosciuto in più occasioni grazie ad un album fotografico (in questura all’epoca dei fatti e poi in aula) sia dalla vittima, Francesco Mazzola, sia dai due custodi notturni dell’Atalanta Store, che si trova vicino a Piazza Vittorio Veneto. Baroni, che è già stato interrogato nel corso del processo, ha ribadito, come fece a suo tempo, di avere un alibi per quella sera: il cellulare agganciato a cellule non compatibili con il centro città e un fitto scambio di sms con la fidanzata. Anche l’ex dirigente della Digos, Francesca Ferraro, anch’essa grande esperta del mondo ultrà atalantino, il 22 gennaio scorso, dopo aver visto il video della telecamera, in particolare i fotogrammi attorno a mezzanotte e 7 minuti del 7 maggio 2012, aveva detto di «non essere in grado di riconoscere l’aggressore da quel fotogramma. Ma non mi sembra che lo stesso sia identificabile in Baroni. Credo però che Camillo Perretta sia assolutamente compatibile con quel personaggio del video, per la sua fisionomia». Ad oggi, quindi, le responsabilità di Baroni per quell’aggressione sembrano escluse. Adesso resta da capire come e quando si è verificato il pasticcio che ha portato il pm Carmen Pugliese ad accusare Jean Luc Baroni dell’aggressione al tifoso juventino. Il processo, intanto, si avvia verso la coclusione. La prossima udienza sarà giovedì, quando è in programma la requisitoria del pubblico ministero, che presenterà le sue richieste per gli imputati.